Una volta lessi la descrizione dei Paradise Lost su una vecchia enciclopedia metal. Il testo così diceva: "Uno dei gruppi più pesanti della terra, il loro death metal gelido e plumbeo fa apparire gruppi come Candlemass sostanzialmente innocui". All'epoca i PL erano un gruppo giovane e la definizione "death/doom " non era ancora stata sostituita dalla ancora pochissimo usata "gothic metal", della quale il gruppo in questione diverrà probabilmente il maggior esponente (attenzione: parlo del gothic puro, non la roba che gira oggi con orchestre, soprani, e atmosfere fantasy). Ma parliamo del disco. Già da tempo si vociferava su un ipotetico ritorno alle origini, e Nick Holmes e soci contribuirono a "far spargere le voci".

Naturalmente era vero solo in parte, infatti il lavoro che mi trovo davanti ha poco a che vedere con il death/doom, e forse, neppure col metal.
Non fatevi ingannare dalla copertina superfica da metal death-doom-pesantissimo-con-atmosfere-plumbee-e-deprimenti-che-spingono-al-suicidio, questo è un disco rock. Gothic Rock decadente, sarebbe la giusta definizione, ma non penso esista, quindi mi astengo da usarla.
La sua particolarità è nel fatto che, anche non essendo molto diverse da quelle che girano su Mtv, le canzoni sono estremamente accattivanti. Infatti troviamo le sperimentazioni e l'elettronica ridotte al minimo, con ampio uso di chitarre rocciose e potenti, sostenute da tastiere che "fanno atmosfera".

Holmes è particolarmente ispirato e, abbandonato completamente il growl, ci propone una bella voce calda, certe volte anche leggermente roca, capace di interpretare al meglio le canzoni. Stesso discorso per Mackintosh, che inventa degli assoli semplici ma mai banali. Degna di nota anche la prova batteristica, infatti Jeff Singer costruisce dei tempi che non annoiano mai, né per la staticità né per l'eccessiva tecnica.
Nessuna canzone spicca prepotentemente sulle altre, ma gli episodi migliori possono trovarsi in Don't Belong,Grey, il singolo Forever After, Close your eyes e la più heavy del lotto All you leave behind.

In conclusione, questo disco forse non vi cambierà la vita, ma lo potrete considerare una specie di "pausa" tra tanti ascolti metal. Io almeno ho pensato così.

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