"La donna è fisiologicamente deficiente, è una semplice constatazione scientifica risultante da analisi e ricerche rigorose...

La donna resti nei limiti della natura che la vuole sottomessa, schiava e subordinata...

La donna, di fronte ad obiettivi professionali, è portata, più per natura che per condizionamenti sociali, a non investire tutte le energie nella carriera...

Pochissimi sono i casi di eccellenza della Donna nelle Arti figurative, nella Filosofia e nel campo della scoperta in generale. Meglio si trova nel campo della parola, del ricordo e delle emozioni vissute o ipotizzate...

Per sua Natura tende all'organizzare, a cesellare, riordinare e calcolare facendo da ottimo contraltare all'Uomo che generalmente osa di più con maggior sfrontatezza e irresponsabilità..."

Queste e altre chicche di saggezza (!?) sono contenute in questo libro edito da Castelvecchi (1998) "L'inferiorità mentale della donna" di Julius Paul Moebius con un'introduzione pressochè inutile di Filippo Scòzzari.

Pensavo che questo fosse un liberculo ironico e demenziale e invece è un trattato terribilmente serio e a tratti allucinante di questo stimato Dott. P.J. Moebius vissuto dal 1853 al 1907 (epoca oscurantista e assai bistrattata per la Donna in generale).

Al 80% dice assurdità e spara teorie bislacche di pura misoginia... sul restante 20% non posso che dargli ragione su più fronti (colludatissimi, per altro)... ma ridurre il discorso a "uomini e donne" tralasciando l'aspetto "persona" mi sembra un esercizio sterile e alquanto discutibile. Buono solo come sfogo momentaneo per cuori infranti ma per il resto... è tutto assai poco giustificabile, tanto più oggi che la donna ha assunto un ruolo e una consapevolezza davvero invidiabile, sia nella società civile che in svariati campi (da quello sportivo a quello politico e sociale).

Bisognava fare meno sensazionalismo da caserma e motivare meglio le tesi di cui si vanta l'autore invece che collezionare frasi ad effetto e tesi accroccate solo per scandalizzare.

Un'altra occasione sprecata, insomma.

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