(A Wowee Zowee Psychedelic Rewiew by LestoBANG)  

Si sbriciolano in mille rivoli le 50 caleidoscopiche policromie di questa nuova edizione di Wowee Zowee del 2006, album capolavoro dei Pavement. Edizione definita 'Sordid Sentinels' dove i suoni s’impasticcano assonnati in slabramenti pindalici di colonne di fumo soniche, concentriche e dissolute come gracili soffioni di primavera inoltrata.

Brani ubriachi di note dissonanti e distoniche che si altalenano vicendevolmente sul pentagramma, sostenute a malapena dalla voce gracile, etilica e perennemente fuori fase di Stephen Malkmus in evidente stato confusionale, come in preda a visioni estatiche e balbuzienti, tessitrici di storie tratte da mondi dissociati, disallineati e scivolosi come dentro a bolle di sapone inconsistenti ed eteree come fiocchi di neve su un palmo della mano a ferragosto.
Le orecchie passeggiano tra dolci nenie tipo Black Out o Brinx Job, si passa per i tripponi allucinatori di Motion Suggests Itself , fin giù fino alle ballate sghembe, claudicanti e senza stampelle di Extradiction con 4/5 cambi di tempo, aria e umore in soli 2 abbondanti minuti di canzone. Siamo nella panacea di una possibile Slumberland evocata e reinventata di sana pianta, un Paese delle Meraviglie autarchico e nichilista, senza riserve o attenuanti ma dove tutto è possibile e dove la forte componente psichedelica salta il fosso continuamente a piè pari in voli pindalici degni del miglior trapezzista delle 7 note in perenne equilibrio tra cielo e abisso.

Nulla è allineato, nulla segue binari di facile presa e il treno che passa non sai mai in che direzione voglia andare: si salta su al primo rallentamento e quando pensi di essere in un vagone “beat” di crude reminescenze 60ies (Grave Architecture) ti ritrovi a viaggiare su uno stralunato pendolino rock glabro, senza maniglie e senza freni. Anche negli episodi scoppiettanti di testosterone come AT & T il fraseggio suona distorto, fuori tempo, come fosse in continuo recupero e a poco servono le disgressioni semi punkettare di Fliux=Rad quasi “lineari” nel loro voler incarnarsi sporche, brutte e cattive come mamma le ha fatte. Ma durano poco più di 90 secondi, piccole sferzate per tentare di raddrizzare la baracca che non vuole saperne di viaggiare su un binario lineare e verso mete precise.
Lo stile è inconfondibile e la personalità non è da meno. Anche nelle ballate più tradizionali c’è una sorta di ubriacatura di fondo che vizia formalmente il tutto e fa suonare ogni cosa come filtrata da un imbuto unto di mosto di rosso dei Colli Euganei: mai completamente sobrio, mai in una direzione consequenziale chiara e lineare… tutto perennemente drogato ed etilicamente disallineato in una corsa continua a tappare i buchi di canzoni che zampillano note da tutti i lati. Un colabrodo di musica ed emozioni che trovano proprio in questa apparente disarmonia le redini di un purosangue mai completamente addomesticato e che avanza pigro driblando ogni convenzione o regola del buon ascolto normalmente acettata dai più.

29 cavalli a briglia sciolta (alcuni di pochi secondi) nel primo CD, che sparano scintille di genialità e follia a diversi gradi di coinvolgimento psichico e fisico (sentire il temerario blues afono e veramente brutal di Brink Of The Clouds cantato da un Malkmus assolutamente Tuori di Festa). 21 canzoni nel secondo cd allegato in questa edizione fatto di out-takes, B-sides, il raro EP “Pacific Trim” e spezzoni vari (2 live session, 4 inediti e altre 4 jam session improvvisate alla JJJ Radio Australia). Una realtà assolutamente unica e riconoscibile nella sua follia che molto deve (o meglio dire doveva, visto la prematura fine!) al mai compianto Frank Zappa dei tempi andati e che qui ne incarna lo spirito irriverente e trasgressivo dove le notte si intrecciano, giocano, si rincorrono una con l’altra in una disomogeneità incredula e sbarazzina mai stanca e mai paga di nulla. Completano il circo espressivo dei ricordi, un piccolo libricino di foto mai viste del gruppo, cover alternative mai pubblicate e foto live delle session radiofoniche e di studio.

Unico difetto (se così vogliamo chiamarlo) è forse la lunghezza eccessiva di un doppio album che non permette distrazioni o ascolti con l’orecchio sinistro. Qui si esige PRESENZA, partecipazione e condivisione. Il rischio è restarne fuori e farsi abbattere e annichilire dalle 50 e passa “esperienze” possenti come macigni, fragili come aironi rosa del Mogadiscio, agili come stambecchi del Nebraska e camaleonticamente imprevedibili come le lepri volanti dalle dita palmate della mongolia inferiore, quelli che stanno al confine del Butan.

Ammesso e non concesso che esistano codeste bestie ma dopo un ascolto per intiero di un doppio album siffatto, chiunque è autorizzato a credere di tutto. Ma anche il suo contrario.

Have a nice trip! :-)))

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