A volte certi libri ti scelgono.

E' che, quando ho visto quel titolo, “I quasi adatti”, son suonate tutte le campane del mondo. Che insomma, non è per buttarla sempre sul personale, ma “quasi adatto” è esattamente come mi sento io.

Poi, siccome l'istinto non sbaglia mai, alla fine il libro l'ho letto in apnea. Una sensazione quasi fisica...

Intanto, cominciando in forma di boutade, potremmo chiederci: se sopravvivono solo i più adatti, noi che ci facciamo qui?

Ok, andiamo a incominciare...

...

Mi hanno messo all'istituto Biehl, una scuola modello. Biehl è il preside ed è anche Dio. Dopo averti picchiato si sistema i vestiti quasi fosse appena stato in bagno oppure con una puttana.

Il colpo procura sempre una specie di sollievo, tutto finalmente è stato sistemato, anche se poi, a dire il vero, il colpo non è niente. A contare davvero sono il prima e il dopo, quando nell'aria c'è come una nebbia solida, un peso, qualcosa che preannuncia il dolore fisico e poi lo trasfigura in qualcosa di molto peggio.

Comunque qui alla Biehl ho conosciuto Katarina, è un soldo di cacio di sedici anni, ma il suo cervello è un diamante, le sue parole una lama di rasoio, La prima volta abbiamo parlato di quelle intere giornate che scompaiono e anche di certi attimi che diventano eternità.

Poi insieme abbiamo conosciuto August, che è poco più di un bambino. August la sera cammina rasente i muri della sua stanza, poi a un certo punto i farmaci fanno effetto e allora si stende sul letto. Qualche volta non basta però, allora va fino alle cucine e mette la testa sul fornello del gas.

Ah, vorrei dirvi anche che io sono danneggiato e forse di mio gliela darei anche su. Ma il fatto è che quando incontri qualcuno che ti aiuta a capire, beh non sei più solo e allora smetti di rinunciare..

Poi, ve l'ho detto, August è appena un bambino. E i bambini vanno protetti.

...

Se non c'è un codice per provare che una cosa è meglio di un altra, allora perché sono tutti così sicuri? Una volta, in laboratorio, Katarina ha detto: “non esistono cose migliori, ma solo cose che si adattano meglio a un piano”.

Aveva solo sedici anni, come faceva a saperlo?

Forse ci sono cose che capisci meglio quando sei al limite, ovvero “quasi adatto”. Che chi è adatto in genere non si pone domande, perlomeno non quelle essenziali.

Poi, ecco, io ho un problema con il tempo. Ho difficoltà a svegliarmi e arrivo in ritardo, una faccenda piuttosto seria qui all'istituto. Anche Katarina arriva in ritardo, ma lo fa apposta, il suo è un esperimento, un esperimento di laboratorio.

E il laboratorio è il luogo dove ti poni domande, non quelle della scuola però, ma quelle che, appunto, arrivano dal limite, cose tipo “perché sono tutti così dannatamente precisi?” “perché il tempo è così rigido?”.

Oppure: “perché Axel ha cercato di tagliarsi la lingua con una lametta?”

...

Immagina di essere nella tua stanzetta e improvvisamente sei diventato cieco. Ecco che inciampi sulle sedie, sbatti sui tavoli, finisci contro l'armadio.

Il fatto è che quando ci vedi mica fai caso ai mobili. Sono li, certo, ma è come se non ci fossero. E che noi ci accorgiamo delle cose solo quando diventano un problema.

Ecco, io il tempo ci sbatto contro.

Che il tempo è una strada segnata in mezzo a un tunnel di vetro, se ci vedi e non hai problemi vai dritto e non succede niente. Se invece vai storto, sbatti. E lo schianto del vetro lo senti solo tu.

Anche Katarina ha un problema con il tempo, anche August.

Una volta ho visto una volpe in gabbia, si muoveva freneticamente e, se le stavi davanti, mica ti guardava, oh no...

Il suo sguardo vuoto ti passava attraverso.

Ecco, August è come quella volpe.

Poi ci sono le verità recondite.

Una legge che risale all'antichità dice che dovendo dorare una superficie non è opportuno coprirla d'oro proprio tutta, si ottiene un effetto migliore con molto meno, circa il sessanta per cento. E' una variante della legge della sezione aurea. Parallelamente una legge che ho appreso qui all'istituto dice che nel punire le violazioni accertate non è opportuno punirle proprio tutte, si ottiene un effetto migliore con molto meno, circa il cinquanta per cento. Una specie di sezione aurea della violenza.

Ricordo la professoressa di musica, la musica, diceva, è il tempo perfetto. Diceva anche che i brani migliori contengono sin dall'inizio tutto il loro sviluppo. Procedono insomma con la legge del tempo. Allora, ho pensato io, è come le nostre giornate. Ti alzi, ti lavi, ti vesti, entri nella sala, stai in silenzio, intoni il saluto a Dio e in quell'inizio c'è già tutta la nostra giornata e forse, in un certo senso, anche tutta la nostra vita.

Poi mi ricordo Oscar, quando stavamo insieme alla scuola delle croste, beh Oscar aveva una strategia. Mangiava ogni tanto una rana viva, e se mangi una rana viva, può darsi pure che gli altri ti lascino in pace. L'ho raccontato a August, lui mi ha ascoltato e poi ha detto: “Se ti spegni completamente è una buona strategia?”

...

Quella della rana non era la sola strategia di Oscar. A un certo punto aveva smesso di parlare, poi, quando ha ripreso a farlo, ha cominciato a giocare ad estraniarsi.

Quando si smette di parlare -diceva- o quando ci si estrania il tempo diventa diverso. Ecco, di questa cosa, quando siamo in laboratorio, io e Katarina parliamo sempre.

Noi abbiamo un problema col tempo, ma questo ve l'ho già detto.

Ok, stop.

Qiesto il flusso di pensieri di Peter, il quasi adatto.

Peter che ricorda i suoi quattordici anni, Peter che accanto a lui adesso c'è una bambina, Peter che anche il tempo della bambina è un tenpo diverso...

Peter che ancora adesso tutti i giorni entra in laboratorio.

...

Innanzi tutto, tranquilli. Della trama non vi ho detto quasi niente, in fondo questo è un thriller.

Forse può ricordare Robert Pirsig, stesse onde emozionali, stesso intreccio tra filosofia e narrazione. Li era il concetto di Bene (o qualità), qui il concetto di tempo.

Però, se questo è um thriller filosofico. occorre specificare subito con che tipo di filosofia abbiamo a che fare.

Così, d'istinto, il primo flash potrebbe essere l'incipit de “Il mito di Sisifo” dove si sostiene che l'unica questione veramente seria sia quella riguardante il suicidio. C'è una sola domanda insomma e la domanda è questa: “la vita val la pena di essere vissuta?”. Tutto il resto non conta nulla...

Poi ok, lo ammetto, il mito di Sisifo sono arrivato a pagina 30. Per me Camus è quello de “Lo straniero”, quello de “La caduta”. Il concetto mi preme però, la filosofia deve ruotare attorno alle cose essenziali.

Ma Camus non basta, c'è un altra cosa e fa un pochino più male.

Sono passati anni, ma me la ricordo bene.

Stavo parlando con Y a proposito di X, un amico comune. X faceva, anzi non faceva, tutta una serie di cose, o, più semplicemente, X se ne stava solo. E noi tutti a dire “ma perchè?” “ma dai!”. Non capivamo, ovviamente.

Y però, quel giorno, mi disse: quello che fa X è scappare da una casa in fiamme e quel che voi gli state chiedendo è di tornarci dentro. Ma dico, in caso di incendio, non scapparesti anche tu? E' una questione di sopravvivenza, amico...

Ding ding ding...

Ecco, forse abbiamo trovato il punto: la filosofia in questo libro è una questione di sopravvivenza.

Trallallà...

Carico i commenti... con calma