Nel labirinto delle forme che si cercano, senza però mai trovarsi del tutto, l’espressione se ne esce imperfetta e priva del passo sicuro, e qualche volta banale, di ciò che si crede dato per sempre.

Oh, amici, io credo che a volte lo zoppicare e l’andar storto valgano l’andare più dritto e son quasi sicuro che in questi casi il certo lasci volentieri il passo all’incerto, magari persino con un inchino.

Che non sempre il fluire è semplicemente un fluire, non sempre la misura è proprio misura. Oh certo, quando accade è il miracolo, è l’anima estetica che ha trovato casa o rifugio.

Ma io non scelgo tra queste due strade, che io amo in egual modo stravaganza e misura.

Che poi a volte accade che le strade si incrocino. Accade che la potenza espressiva fottendosene completamente di regole e regoline fluisca, fluisca eccome (e visto che siamo su Debaser diciamo che certo rock ne è l’esempio più perfetto)

Ma oggi voglio parlarvi della prima strada. Quella dell’espressione forse goffa o forse tutta sbagliata.

E lo faccio indicandovi il nome di Pietro Ghizzardi, il grandissimo pittore naif. Un uomo incolto e quasi analfabeta, ma non per questo privo del suo personalissimo groviglio di sogni.

Pietro Ghizzardi era uso dipingere le sue chimeriche donne (sensualissime more dai seni enormi e dal viso sanguigno) sui muri dei cascinali e sulla carta gialla.

Il tratto deciso a carboncino, il segno che potente esce dal quadro e sovrasta di vita. E il tumulto, il tumulto del sangue. Non la venere del Botticelli, ma ai miei occhi persino qualcosa di più.

Bene, quest’uomo di cui mi capitò di ammirare le opere in una mostra di qualche anno fa a Ravenna, quest’uomo che ha ripetuto tipo tre volte la prima elementare e due volte la seconda, quest’uomo ha scritto un libro…

Fino a stamattina non lo sapevo, l’ho appreso da un articolo di giornale.

Ecco, questo libro che si intitola " Mi richordo anchora, memorie di una vita dolorosa e meraviglioza, questo libro io non l’ho letto.

Certo, direte voi, un po’ strano recensire un libro che non si è letto...si forse si. Ma, in certi casi, basta il titolo e basta avere la certezza che lo leggerai di sicuro.

Bastano quelle due h e quel meraviglioza con la zeta al posto della esse.

E bastano perché a volte lo zoppicare e l’andar storto valgono l’andar dritto e, quando questo accade, il certo lascia volentieri il passo all’incerto, magari persino con un inchino.

Che poi magari vien voglia di leggerlo pure a voi...

Trallallà…

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