Impresa rischiosissima. Perchè finchè scrivo di Jannacci, vabbè, siamo più o meno tutti d'accordo nel definirlo un genio. Però ultimamente (piccola marchetta) sto mettendo qui sul sito una serie di miniclassifiche da 25 album ciascuna suddivise in generi musicali (ammesso che a qualcuno possa interessare). Legittimamente, discutibili. E nella classifica "Canzoni italiane" ho voluto mettere anche questo album, snobbatissimo, che a me pare meraviglioso.

Certo, considero il Pino Daniele degli esordi il più a fuoco, e "Nero a metà" non si discute, è il culmine della sua arte. Poi una serie di album carini, alcuni anche interessanti, ma niente che mi entusiasmasse. Poi è uscito questo, e sono seguite molte boiate ("Come un gelato all'equatore", 1999; "Passi d'autore", 2004) però che peccato, "Non calpestare i fiori nel deserto" mi faceva presagire un ritorno di Pino Daniele e invece fu solo l'ultimo guizzo di un grande che fu.

Bhè, il Pino Daniele degli anni '90 (l'album esce il 25 marzo del 1995) era già bollito, e secondo molti anche questo è un lavoro, diciamo così, bollito. Dissento. L'autore, che voleva raccontare un mondo a metà tra il Sud Italia, l'Africa e, in parte, il Medio Oriente mette in piedi un lavoro di altissimo livello, suonato alla stragrande. Se lo risentite vi accorgerete di come ogni ritmica, ogni riff, anche semplice, ogni strumentazione stia lì al suo posto senza nemmeno una sbavatura (merito di alcuni collaboratori di livello, Mike Mainieri e Manu Katché).

Si inizia con una ondeggiante " 'O cammello 'nnammurato" e si prosegue con la vivacissima "Un deserto di parole", nella quale compare Jovanotti. O signur, Jovanotti. Vabbè, il giovanotto Jovanotti di quell'epoca aveva ancora un senso, mica era quello di oggi, e poi, al di là di qualsiasi giudizio critico, qui si incastra proprio bene con la voce di Pino Daniele. Ma, forse, ancor meglio i due fanno nella divertentissima "Stress": testo ai minimi, suoni da world-music e un senso del ritmo formidabile.

Tra i brani meno celebri, alcuni meritano menzione. Mi piace ricordare, oltre alla delicata "Notte che fai", anche "Anima", la canzone che chiude l'album, prima dello strumentale "Oasi" di 50 secondi. "Anima" è un toccasana, una canzone che personalmente ho molto ascoltato in un periodo difficile, e la frase, continuamente ripetuta, "L'anima che a volte ti fa ragionare, anche se hai voglia di lasciarti andare", non si dimentica facilmente. Canzone piccola, nonostante duri quasi 5 minuti, perchè in un disco pieno di musica, pieno di ritmo, pieno di allegria, trattasi di canzone minimale. Toccante.

L'album, che vinse la Targa Tenco e fu il secondo più venduto dell'anno (800 mila, dico 800 mila copie) contiene una serie di smash-hit che conoscono tutti. Dal riff semplice, ma appicicosissimo, di "Io per lei", a "Bambina", fino al cioccolatino di "Resta... resta cu' mme", fino al duetto di "Se mi vuoi" con Irene Grandi, che sarà pure Irene Grandi, cioè nulla, pero' funziona. Miracoli, due tizi così così, lei e Jovanotti, funzionano benissimo. Succede una volta ogni mille anni.

Poi, oh, se non vi piace, nonostante tutto 'sto papiro, continuerà a non piacervi. Figuriamoci. A me non piacciono tante cose che piacciono a tutti (tipo la cheescake, puah!).

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