Pippo Pollina, il cui nome fa più pensare ad un cartone animato che ad un cantautore, è un esempio lampante di cervello in fuga.

Palermitano di nascita e di formazione, svizzero di adozione, decide poco più che ventenne di abbandonare gli studi di giurisprudenza e di girare gran parte dell'Europa guadagnanosi da vivere come musicista di strada, suona sui marciapiedi, nelle metropolitane, nei locali, conosce e racconta storie di ogni gente e paese; viene notato per la prima volta a Lucerna da Linard Bardill, cantautore elvetico del quale diverrà grande amico, e proprio questi darà il via alla sua carriera discografica che prenderà piede nell'Europa centrale, Svizzera, Germania, Austria, poi Francia, ma mai la sua Italia.

Almeno fino al 1998, quando finalmente un suo album ("Il giorno del falco") verrà pubblicato nel nostro paese; da allora comincerà poco per volta a guadagnarsi la stima della gente che gli ha dato i natali. Pippo Pollina nell'arco della sua carriera canta i personaggi d'ogni terra, ribelli, anarchici, pacifisti e come lui artisti, da Victor Jara a Leo Ferrè, da Violeta Parra a Annemarie Schwarzenbach, omaggia innumerevoli poeti e scrittori (Gabriel García Márquez, James Joyce, Jacques Brel, Cesare Pavese, Charles Baudelaire fra i tantissimi), si circonda di grandi musicisti del panorama internazionale (Charlie Mariano, gli Inti Illimani, Franco Battiato, Robbie McIntosh e Saturnino per citarne alcuni), canta in italiano, tedesco, francese, scrive non solo canzoni ma anche libri, colonne sonore, gira e continua a girare i piccoli palcoscenici.

"Dodici lettere d'amore" viene pubblicato nel 1995 per il mercato mitteleuropeo e il tour che ne segue lo porterà fino all'Egitto; c'è dentro tutta la musica di Pippo Pollina, le sue storie, la sua storia, la sua cultura, la sua anima grande così. L'amore diventa il filo conduttore dei suoi racconti dettati dall'animo vagabondo che lo caratterizzerà finchè campa ("Questo vivere solitario", "Malatesta"), dai ritratti ("Passioni"), dalle storie d'altri ("L'uomo coi fiori in mano"), dai personaggi che tanto gli piace cantare ("Leo"), dal figlio da poco nato ("Julian") fino ad un grande dichiarazione d'amore struggente per la propria città natale ("Per amare Palermo"), derisa e maltrattata, scelta un po' come immagine dell'Italia intera che ancora non considera il suo canto emigrante.

Lo stile musicale spazia dal rock elettrico ("Seconda republica") a quello acustico, dal canto paesano al lento fino quasi al pianobar, con la voce ruvida di Pollina che si fa arrabbiata, innamorata, giocosa ispirandosi a vari modelli nostrani, forse con Ivano Fossati in prima linea ma sotto sotto c'è anche Faber.

Un invito, se mai ne servissero, a rivalutare i tesori di casa nostra.

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