Pregevole disco, l’ottavo di carriera per questo eccellente gruppo con base a Los Angeles, pubblicato nel 1974 negli anni di massimo fulgore del genere cosiddetto country rock: negli USA stavano allora imperversando Eagles, Crosby Stills & Nash, Loggins & Messina, America, Jackson Browne, Bruce Cockburn, Dan Fogelberg, Linda Rondstadt, Seals & Crofts, James Taylor, Neil Young e tanti altri loro epigoni.
Come è quasi la norma nelle formazioni che affrontano questo stile musicale, tutti i componenti si cimentano al canto e, ad esclusione del batterista George Grantham, pure alla composizione del repertorio, cosicché scorrendo gli undici contributi dell’album si possono mettere a fuoco caratteristiche e virtù di ognuno. Il bassista Tim Schmit è autore di tre pezzi, il più rimarchevole dei quali è posto in apertura e s’intitola “Keep On Trying”: un vero gioiellino, giocato sul semplice accompagnamento di una chitarra acustica che stacca quietamente gli accordi consentendo massima evidenza prima alla setosa voce tenorile di Tim e poi agli enfatici cori a quattro voci. Il brano uscì anche come singolo, raccogliendo un decoroso successo in giro per l’America; viene ancor oggi eseguita ad ogni loro concerto (la canta il multistrumentista Rusty Young, dato che Schmit non è più con loro essendo passato agli Eagles sin dal 1976).
Il chitarrista e cantante Paul Cotton contribuisce con tre sue composizioni, la più rimarchevole delle quali è la rockeggiante “Down In the Quarter” mentre più stantie e prevedibili appaiono le altre due. Cotton è della nordica Chicago, quindi l’elemento più lontano e disallineato con le rotondità country e le solarità californiane; le sue cose hanno piuttosto un sapore rhythm & blues, il suo stile di canto è un poco da crooner. E’ lasciata alla sua interpretazione anche l’unica cover presente, ossia quello che era stato tre anni prima il singolo d’esordio degli Steely Dan, la bella e non troppo fortunata “Dallas”.
Il multistrumentista Rusty Young, virtuoso della pedal steel guitar, del banjo, del mandolino e del dobro, si assegna quattro composizioni iniziando da questo disco a cimentarsi pure in parti vocali soliste (per adesso solo su una di esse, la breve “Us”). Young è musicista di squisita vena melodica e questa virtù ben rifulge in “Lovin’ Arms”, splendidamente cantata a tre voci dall’inizio alla fine ed assoluto vertice dell’album. Altro suo brano molto riuscito è “Sitting On A Fence”, con riusciti intarsi solistici di steel guitar e la voce altissima e intonatissima di Schmit più dardeggiante che mai.
Disco fresco, compatto, senza cadute di tono o quasi, fra i migliori della quindicina o poco più pubblicata da questo amabile e affidabile gruppo.
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