La potenza è nulla senza controllo” dichiarava quasi minacciosamente una pubblicità delle gomme Pirelli qualche anno fa. Nel contesto specifico dell'advertisement l'effetto era, come spesso capita, quasi ilare. Ma calza benissimo per descrivere l'ultima fatica dei Pontiak, prolifici rocker della Virginia.

Sarà forse la loro provenienza geografica (la Virginia non è propriamente il centro musicale d'America), o semplicemente la loro particolare sensibilità artistica, ma i tre fratelli dopo 6 anni e 6 dischi (più un EP), hanno raggiunto con questo "Echo Ono" la probabile maturità. Seppur inquadrabili nell'alveo heavy rock attuale (a volte con tendenze noise, a volte acide), riescono ad essere concisi e riconoscibili, doti rare per molte band di quel giro.

Per questo potenza e controllo sono due cose di cui è pieno "Echo Ono": riff perfetti, crescendo quasi math, minutaggio limitato. Un pezzo come l'iniziale “Lion Of Least” nelle mani di qualsiasi altro gruppo heavy psych attuale diventerebbe minimo un brano ipnotico di 6 minuti che cerca di capitalizzare il riff granitico che la apre. Invece no. Dopo poco più di 2 min e quasi sul più bello, si interrompe bruscamente. Prendere o lasciare, sembrano voler dire.

E via così per quasi tutti i brani heavy del disco: il mid tempo esplosivo di “The North Coast”, la sezione ritmica bombastica di “Left With Lights” e la caracollante “Across The Steppe”. Discorso a parte i bellissimi brani fra l'acustico, la ballata younghiana e la psichedelia. “The Expanding Sky”, “Silver Shadow” e “Stay Out What a Sight”, colpiscono al cuore, sintetizzando e dando forma compiuta alle stesse parentesi semi acustiche presenti nei loro dischi precedenti.

Unico pezzo debole, l'assalto apocalittico dei 6 minuti finali di “Panoptica”, poco a fuoco e che stona un po' nell'economia di un disco altresì equilibratissimo e calibrato in ogni sua nota e atmosfera. Non ultima la scelta di una registrazione totalmente analogica, grazie ad un mixer a 24 tracce trovato in Arkansas e usato nei 60 da Herbie Hancock, amplificatori a valvole da modernariato e rifiuto di overdrive e distorsioni.

Un lavoro artigianale come se ne trovano pochi, da un gruppo che oramai fa partita a sé nell'ambito di appartenenza

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