Rock e religione: un vero ossimoro. Almeno prima di “Hosianna Mantra”.

Giovani capelloni con formazione classica – Conny Veit alla chitarra (acustica ed elettrica), Robert Eliscu all'oboe, Fritz Sonnleitner al violino, Klaus Wiese alla tambura, il leader Florian Fricke al piano e al clavicembalo, e la soprano coreana Djong Yun ad amalgamare il tutto – i Popul Vuh unirono i loro studi al conservatorio con il rock (psichedelico) e con la musica sacra, in una sintesi senza precedenti. Mai sentita prima la chitarra (elettrica) sostenere un canto gregoriano.

Rispettati rappresentati del filone musicale tedesco chiamato “Kraut-Rock” (insieme a gruppi come “Neu!”, “Kraftwerk”, “Can”, “Faust”, “Schulze”, “Czukay”), nel comporre “Hosianna Mantra”, i Popol Vuh si discostarono dalla poetica del movimento, mettendo da parte l’elettronica (non la chitarra elettrica) e mantenendo tutto ad un livello di sobrietà assoluto, visti i temi trattati: da una parte l’Ascensione di Cristo al Cielo e l’ “Osanna” del Paradiso che lo accoglie (lato 1); dall’altra le narrazioni bibliche del V libro di Mosè (lato 2, intitolato Das V. Buch Mose). “La musica elettronica non avrebbe potuto esprimere il potenziale spirituale e la purezza racchiusa in questa opera” (Florian Fricke).

L’apertura è affidata ad “Ah!”, un’incantevole fusione rock-classica. Tre note di piano che si uniscono  al violino e al clavicembalo scintillante. L’inizio è solenne ma quasi incerto, quasi a mostrare il senso di rispetto e l’incapacità di esprimere i temi trattati. Qualche dolcissima e impercettibile nota di chitarra (elettrica) (1:19 – 1:20; 2:10-2:11) prima della celebre cascata di note, accompagnata dal clavicembalo. Di nuovo la pace, prima della seconda cascata di note che conclude il brano. Sublime, ma non è qui la novità di “Hosianna Mantra”.

Non poteva mancare il “Kyrie Eleison” (“Cristo pietà” in greco). Qui è la chitarra elettrica che crea effetti psichedelici, con la tambura a sostenerla. Poi la voce di Djong Yun rivolge la sua implorazione. Il piano entra in scena a sostenere il solenne oboe che la soprano cerca quasi di seguire. Rientra la chitarra con i suoi fraseggi quasi cacofonici (eppure meravigliosi per l’orecchio) sostenuta dal piano e della tambura. Finale sobrio chitarra-voce.  

L’oboe è l’assoluto protagonista nell’ “Abschied”, sorretto dalla tambura. La chitarra fa la sua entrata dopo cinquanta secondi per lasciare di nuovo la scena all’oboe e alla tambura.

“Segnung” è forse il brano più fantasioso. Apertura affidata alla chitarra elettrica con i contrappunti di chitarra classica. La voce di Yun è fervorosa e umilissima, con il violino di supporto e la chitarra (questa volta acustica) a riempiere, prima dell’arrivo del piano e della chitarra elettrica che suonano all’unisono prima dell’entrata dell’oboe. Poi di nuovo voce, violino e chitarra acustica. Poi piano, chitarra elettrica, clavicembalo, oboe e violino tutti insieme per esprimere una sorta di gioiosa conquista della gioia celeste. Poi di nuovo umile canto.

“Nicht Hoch Im Himmel” parte con la voce della Yun che trova una pausa nel piano di Fricke. Ritorna la sua voce, poi di nuovo il piano. Poi una cascata di note simile a quella di “Ah!” riappare anche qui con un delicatissimo accenno di chitarra elettrica psichedelica (2:44). La chitarra, poco dopo, si unisce al violino e al piano in un frammento di circa un minuto tra i più belli dell’album (3:00 – 3:58).

E, dulcis in fundo, la suite di dieci minuti, “Hosianna Mantra” che fonde insieme l’Osanna dedicato a Cristo nel momento dell'Ascensione in cielo con la meditazione racchiusa nell'incessante pratica devozionale del “mantra” (una o più parole ripetute all’infinito) – una pratica dei grandi padri cristiani del deserto egiziano (III secolo D.C.) (cf. Luciana Mortari, “Detti e Fatti dei Padri del Deserto”, Ed. Città Nova). Questa suite è una delle più grandi summe della musica: canto gregoriano (con gli emozionanti e celestiali vocalizzi della Yun), folk indiano, musica classica (con le studiatissime note di piano a fare da tappeto sonoro) e grandissimo uso della chitarra elettrica con degli effetti psichedelici consegnati per sempre a quella posterità che vorrà trovare in questa suite ispirazione per proseguire in questa sapiente fusione di sacro, classico e profano. Crudelmente detto, siamo ancora in attesa di un altro “Hosianna Mantra”.  

Sorprendente disco ma anche sorprendente copertina con un sorriso che esprime compiacimento.

Dopo quaranta minuti l’effetto è quello di una preghiera: pace nello spirito. “Hosianna Mantra” è proprio questo: musica per pacificare l’anima.

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