Un aborto. Un rifiuto. Un’incompiuta predestinata. Avanti, Savoia.
Il grande no prese forma nel 1993 laddove i vertici della CBS (licenziataria dell’etichetta storica dei Prefab Sprout, la Kitchenware Records) riuniti nella sala delle decisioni con al loro cospetto Patrick Joseph McAloon più comodamente Paddy, bocciarono questo disco. Non va bene, non ci piace, non fa presa. C’è già Sting che ammorba l’ascoltatore medio con temi legati alla fede, ti ci metti pure tu ?
Erano anni convulsi, il panorama pop virava, ci si doveva reinventare, aggiornare. Quasi rilanciare, nel loro caso.
McAloon, parole musica e mente dei PS, ne uscì malconcio. Reduce da un album che catturò consensi vendendo così così (“Jordan : The Comeback”, 1990) e da una raccolta accolta positivamente (“Life Of Surprises”, 1992) fece un inchino, tolse il disturbo, e si rimise a fare i compiti.
Introverso ma affetto da una sorta di bulimia compulsiva nel comporre e accantonare, lo ritroveremo a 1997 inoltrato con “Andromeda Heights”, un sostanzioso balzo nel miele che fece storcere il naso a buona parte dei fans.
La riesumazione dei demo di questo “Let’s Change The World With Music”, datata 2009, ha un aspetto fascinoso: il mito di ‘Smile’ dei Beach Boys (dei quali Paddy è fan di vecchia data, è consolidata l’adorazione per Brian Wilson ndr) che per ragioni a me ignote patì la stessa sorte. Per contro, esiste anche un lato speculativo. Al nostro servivano soldi, per questo il manager storico, Keith Armstrong, si adoperò per recuperare i masters, ripulirli, riordinarli e infine pubblicarli.
Religione, si diceva. Musica, dice il titolo. Ma la colonna portante è la fede. McAloon, con i primi lavori, ha abituato i fans al suo essere contorto e tormentato come può esserlo un fanciullo: con grazia.
Se già con ‘Jordan : The Comeback’ aveva toccato la tematica personificandosi direttamente in Dio in una sorta di prontuario (‘One Of The Broken’), o andando a tentoni alla ricerca dell’anima di Elvis con una manciata di brani concept, qui si pone dall’altra parte palesando non tanto una ricerca quanto una certezza: ebbene, sì, io credo. In Lui confido (‘God Watch Over You’), a Lui mi ispiro (‘Let There Be Music’); chi fa bene troverà bene, dicevano i nostri nonni, e andrà dritto in paradiso: anche se ateo (‘Ride’).
Chiaramente, ci si posiziona all’esterno mettendo da parte quella che è la propria percezione del mero concetto di religione, cercando di interpretare e valutare il prodotto finito. Che è passabile, in tema di fede. Meno, nell’altra porzione di mela: la musica. Già. Perché LCTWWM tratta di fede e di….musica.
E, stando a ‘I Love Music’ e ‘Music Is A Princess’, ci si cala in una mediocrità che il fan consolidato accetta, ma chi approccia il progetto potrebbe derubricare a bah.
Eccezione fa ‘Sweet Gospel Music’, squisita introspezione vissuta in terza persona, così come ‘Meet The New Mozart’, un’autoreferenza pesante ma decantata con la consueta raffinatezza.
‘Earth : The Story So Far’ che, nelle intenzioni di Paddy, doveva fungere da title track ai tempi, è trascurabile. ‘Potenziale colonna sonora per Love Boat’ venne definita da un parere avverso all’uscita dell’album, e mi trova tutto sommato d’accordo, anche se la sfumatura ironica è legata più alla musica che ai contenuti, e questo ci porta all’aspetto organolettico.
Thomas Dolby, produttore di livello e produttore storico del gruppo, che nel 1993 era stato preallertato per mettere mano ai demo, avrebbe avuto il suo (bel) da fare. Com’è giusto che sia, del resto.
Perché l’album suona pulito, ma suona scarno: non è stato mai arrangiato, prodotto, rifinito. E’ pietra grezza, e le recensioni dei magazine d’oltremanica ne apprezzarono la verginità. Io dico: peccato.
Lo dico senza pretese: il disco è suonato e sintetizzato alla Roland, o alla Korg, poco importa. Si percepiscono le buone intenzioni, le idee e, personalmente, ciclicamente, dalla pubblicazione sento di tanto in tanto la necessità di ripassarlo. E, inevitabilmente, provo a immaginarmi sedicenne, con le cuffie, che tra 'Very' e 'The Wedding Album' piazzo 'Let's Change The World With Music'. Superfluo precisare che NON ci riesco: il passato non concede il lusso della controprova.
Meglio suonarlo oggi, tempo presente. E’ un po’ come purificarsi, echi di un passato non ancora remoto che suonano a scoppio ritardato, un aborto che aborto più non è, un retrogusto che si fa dolce e prova a reclamare uno spazio lì, a inizio anni ’90, ma quello spazio gli è stato tolto, sottratto, negato: per questo, forse, gli si vuole ancora più bene.
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