Il progetto Psycho Kinder si colloca in quella frangia periferica della galassia musicale italiana che ospita le cose più intriganti, originali e spesso imprevedibili della scena nostrana. Dimostrando che le dinamiche artistiche e culturali più attive sanno fare la differenza a fronte di un mercato mainstream sempre più impantanato nei suoi ormai preistorici, sterili, stucchevoli standard pop.
Tenuto a battessimo dal marchigiano Alessandro Camilletti sul finire del decennio scorso, Psycho Kinder è di fatto un progetto solista, dove il suo curatore opera di volta in volta con la collaborazione di altri musicisti ed autori. Dopo aver pubblicato una manciata di lavori autoprodotti che hanno come punto di riferimento varie realtà ben note (Current 93 su tutti, ma anche Death in June e affini), nell'anno in corso ha messo in cantiere un nuovo concept-album convocando per la parte propriamente musicale un compositore non certo di serie B, ovvero Federico De Caroli "Deca". Personaggio rilevante e capace di caricare di immediate certezze il progetto, Deca ha dato vita a contesti sonori molto variegati che fanno da scenario ai recitativi di Camilletti; il quale con voce quasi sempre distaccata e ineluttabile propone i versi del suo "Diario": pensieri, riflessioni, aforismi che danno la sensazione di essere vergati quasi col sangue su spessa carta artigianale e assumono un'aura teatrale di grande impatto sull'ascoltatore.
L'autore cita tra le sue reminiscenze i presocratici e i primi sapienti greci, i testi sapienziali biblici (Ecclesiaste, Libro di Giobbe) e alcuni autori moderni come Cioran, Michelstaedter, Andrea Emo. Ma in uno dei brani più evoluti e affascinanti di questo disco troviamo anche voci originali tratte da film di Jodorowski e Bergman, nonché versi di Ezra Pound letti da Pierpaolo Pasolini. Il che indica che c'è un tessuto fitto e stratificato di scrittura, che sembra guardare in più direzioni pur mantenendo una sua coerenza di fondo che veleggia tra nichilismo ed esistenzialismo. Con il supporto mirabile dei soundscapes di Deca, che spaziano da echi cosmici a malinconiche sonate per pianoforte fino a malsani loop industriali, la poetica di Camilletti si consolida in modo credibile anche laddove potrebbe essere tacciata di una certa scontatezza. L'impianto globale del Diario Ermetico non è solo nelle parole dei suoi testi, ma nel senso di algida e profetica presa di coscienza individuale al cospetto dei propri fallimenti, dei propri dubbi, delle proprie illusioni. In questo senso la coesione tra testi e suoni diventa fondamentale per coinvolgere l'ascoltatore e renderlo a sua volta partecipe di queste rfilessioni.
Accattivante la grafica del disco, minimalista e allegorica, con un individuo-pennino che identifica la centralità essenziale del ruolo del pensatore-scrittore. Qualcosa che rimanda all'editoria di un secolo fa e avvolge il tutto con una patina vintage senza "invecchiarlo".
Opera non per tutti, ma che molti dovrebbero procurarsi.
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