Ennesimo progetto di Maynard James Keenan (non sto a dirvi chi è e cosa ha fatto perché è più deprimente per me che scrivo che per voi che leggete) ma fintanto che crea musica ad alti livelli come ha fatto negli ultimi quindici anni circa gli è permesso essere anche più prezzemolino di Alba Parietti.

Album che soffre di ansia da prestazione visto che gli standard a cui inevitabilmente si fanno riferimento sono veramente troppo elevati e a questo punto mi viene in mente una poesia che si studia a scuola in cui l'attesa è ciò che si è gustato veramente perché la troppa illusione di un album a cinque stelle ha fatto posto alla delusione. Infatti si era già sentito parlare di questo suo progetto con la pubblicazione in passato di alcuni brani e dal lancio del sito ufficiale che da più di un anno ci ha fatto sospirare questo lavoro, inoltre si può capire di più sul Maynard pensiero attraverso i suoi posts e comprare abbigliamento griffato Puscifer online. Alcuni sostengono che il progetto Puscifer sia fondamentalmente una presa in giro voluta dallo stesso Maynard utilizzando la scelta dell'ironia e dell'intellettualismo eccentrico come atto intenzionale da parte sua per giustificare la pallidezza delle tracce ma a mio riguardo si tratta comunque di un disco con parecchie carenze per cui le intenzioni dell'artista quando le canzoni non soddisfano appieno nel concreto lasciano il tempo che trovano.

Molte gli ospiti ma quasi inutili le loro presenze: Tim Alexander, Gil Sharone, Rani Sharone, Brian Lustmord, Mat Mitchell, Jonny Polonsky, Ainjel Emme, Jarboe, Alessandro Cortini, Josh Eustis.

Il singolo "Queen B." è una somma di cori ed il risultato è un brano Lounge ridondante così come "Dozo" che non appaga in pieno nonostante Maynard abbia una delle più belle voci di sempre ma molto spesso solo questo non basta specialmente in un lavoro di musica Elettronica.

Colpa della non ottima riuscita del disco sono anche i brani "Rev 22:20" (Michael Bublè l'avrebbe cantata meglio e vi ho detto tutto) e "The Undertaker" precedentemente pubblicati in stretta collaborazione con Danny Lohner nelle due colonne sonore di Underworld che suonavano più Industrial e mi avevano decisamente illuso qui sono meno convincenti degli originali; "Vagina Mine", di chiara ispirazione Trip-Hop, "Trekka" definibile come una catena di montaggio del suono e "Momma Sed" sono i pezzi migliori dove si intuisce qualche colpo di genio che non è stato saputo sfruttare al meglio lasciando quel senso di incompiutezza e aspettativa nelle orecchie di chi ascolta. "Indigo Children" e "Sour Grapes" portano al limite la mia pazienza forse perchè aspetto che le canzoni si evolvano dalla piattezza delle scosse elettroniche pronte a passare ed un livello superiore ma l'attesa non viene soddisfatta.

Chi scrive questa recensione è un grande estimatore dell'artista ma questa volta il Maynardo non si è sforzato abbastanza e ci ha dato qualcosa che assomiglia molto alla musica da sottofondo e anche se non ci fosse stato il naturale paragone con le esperienze musicali precedenti questa "Vagina" sarebbe rimasta comunque usa e getta.

Carico i commenti...  con calma