Un personaggio che trasforma la propria stravaganza in inventiva compositiva, amalgamando nel calderone tutte le sfumature del folk indipendente; Quinn Walker viene folgorato da lampi di genio e di follia e ci regala 29 canzoni che trovano nella creatività psichedelica il loro seme di vita. Tale abbondanza porta alla suddivisione dell'album in due parti: nella prima predomina un post-folk solare e rurale, mentre nella seconda la vena oscura e schizoide dell'autore ha il sopravvento.
In "Laughter's An Asshole" i punti di riferimento metodici sono gli Animal Collective o perlomeno il loro approccio psichedelico alla materia; quindi ci troviamo davanti ad un'afrodisiaca "Baby Neon", arpeggiata e soffusa da canti armoniosi, o alla canzoncina minimale "I'd Like To Take A Picture", o ancora a "Porcupine" dove affiora la spensieratezza tipica di Devendra Banhart; fantastica anche "Bing Bang Bong" con i suoi coretti, essenziale e allegra. L'iniziale "Plenty Of Water For Mud" è un folk madrigale dal sapore Fleet Foxes, con un'atmosfera sognante che viene ripresa anche nella finale "Hiding Behind Waterfalls", in cui possiamo immaginarci tutti abbracciati e ciondolanti sotto le cascate. Sullo sfondo si ha sempre qualche melodia o ritmo che richiama la giungla, come in "Rita Lolita", dove siamo immersi nella foschia, scrutati da animali feroci, poi veniamo illuminati da una velata solarità e un power folk che ricordano i mitici Unicorns. Tra ritmi tribali e riti voodoo ("Chuckle Or Die") e canzoncine da soffitta che portano alla mente carillon impolverati ("All The Party, In The Woods"), il primo tomo lascia il posto al secondo e ad una personalità più enigmatica.
In Lion Land rimane subito nelle orecchie la melodia pop di "Save Your Love For Me", surreale e kitsch, che succede l'ambigua "Capital Punishment", canzoncina a manovella caratterizzata da deliranti tonalità vocali, molto vicina allo stile di Wevie Stonder. Sempre tenendo come caposaldo gli Animal Collective non mancano però sorprese, così anche i Beach Boys vengono risucchiati nella bolgia: sembra farina del loro sacco "In The Morning"; mentre "Cubicles" e "Let Freedom Ring" sono giocattoli, la prima un carosello posseduto da un'entità squilibrata, la seconda un trenino che ondeggia sulla melodia di un valzer accelerato.
Effettivamente ci troviamo in mano un album saturo, in cui è difficile mantenere un ascolto concentrato fino alla fine: la mente potrebbe perdersi per strada, ma ogni canzone è una piccola gemma di creatività folk, da amare e condividere, meglio se in condizioni psicofisiche sospese e altalenanti.
Carico i commenti... con calma