Certe volte urge il giovanilistico/senile desiderio di sballo, ma basterebbe mettere su un dischetto con proprietà ansiolitiche, sedativo- ipnotiche e meditabonde.

Certo direte Voi non è proprio la stessa cosa, ma che fare?

Le vostre quattro mura vi opprimono?

Vorreste morire (!) perchè in questo momento c'è qualcuna che non ve la dà ?

Non avete un 1euro ?

Amate, forse non ricambiati, la psych/stoner/heavy ?

Allora (piu' no che si) avete la soluzione a portata di mano.

Ci sono i Radar Men From The Moon.

Il nome della band è preso in prestito da un film di fantascienza del 1952 e svela a grandi linee la cagnara finemente organizzata che fanno.

La musica del trio olandese, composto da Tony Lathowers (batteria, sintetizzatori e campionamenti), Jan Titus Verkuijlen (basso) e Gleen Peters (chitarra, nonchè curatore della grafica di bell'aspetto) è un trippone galattico di portata gargantuesca.

Prendete un mixer gigante e infilateci dentro Hawkwind, Kyuss, Colour Haze, Astrosoniq, Pink Floyd, e quanti altri nomi volete a vostro gusto.

Frullate il tutto, e se non siete deboli di stomaco, i robusti scombussolamenti sonori vi permetteranno di viaggiare senza meta nell'infinito universo stellare, con un sollazzo di quarantacinque minuti di heavy-psych-stoner,

Lo scopo è dimenticare la orripilante routine di cui siete portatori sani (forse).

Le canzoni sono cucite una all'altra con durate importanti, mai al di sotto di otto minuti, e sono costruite in modo da abolire le fasi statiche e le prolungate discese di intensità e di aumentato mosciume.

L'album, del 2011, è una sorta di scuro ed enorme menhir strumentale in cui le uniche apparizioni parlate che potrete annoverare al suo interno vengono a galla grazie all'inserimento di campionamenti, come introduzione nella traccia d'apertura Space Colonists, nella successiva The Wire, dove il lavoro delle chitarre si fa più spesso e imponente e poi sul finire dell'ultima, Moonjuice.

Le qualità che un dopato sonoro abituale di dischi come questo va ricercando, ci sono tutte, a partire da certe verticalizzazioni groove, condite da fughe psichedeliche che dilatano gli spazi.

Ci si rifugia in soluzioni che pescano dal kraut-rock, e che spingono sul pedale stoner, come in The People Who Stay On Earth Will Explode, in cui aumenta visibilmente la quantità del carburante in circolo, la potenza aumenta e si fila a tavoletta.

La performance complessiva insomma è di completo e puro godimento a velocità sostenuta.

Salpate sulla prima barca solare e fate partire Intergalactic Dada & Space Trombones: lo spazio musicale vi attende per una gita veramente fuori porta, e fuori dalla vostra portata terrena.

Elenco e tracce

01   Space Colonists (09:32)

02   The Wire (09:23)

03   Intergalactic Dada & Space Trombones (09:47)

04   The People Who Stay On Earth Will Explode (09:17)

05   Moonjuice (08:39)

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