Sperimentare senza annoiare: se questo era l'obiettivo del quartetto Rand-o-mania, bisogna dire che ha consegnato alle stampe un piccolo capolavoro.

Un piccolo capolavoro 100% Made in Italy, confezionato da quattro musicisti con le contropalle, ciascuno originalissimo interprete del proprio strumento. Il trombonista Gianluca Petrella è ormai da qualche anno alla ribalta nelle più quotate riviste del settore, grazie alla sua costante presenza nel quartetto ECM di Rava, il batterista U.T.Gandhi non ha certo bisogno di presentazioni, per cui mi concentrerò sul basso sinuoso e trasudante groove di Andrea Lombardini ma specialmente sullo straordinario, e ripeto straordinario chitarrista Roberto Cecchetto, che in realtà non è di primo pelo, visto che ha militato negli Electric Five di Enrico Rava negli anni novanta, ma tant'è, in Italia più sei bravo e meno ti cagano... Un musicista che passa dallo swing al free jazz, dal bebop al funk con una facilità irrisoria, vulcano di idee e vero motore armonico del gruppo.

La diversa classe anagrafica e provenienza geografica produce un mix compositivo assai eterogeneo, in cui ogni autore mantiene la sua individualità, pur integrato nelle dinamiche del quartetto. Il risultato è di autentico godimento allo stato brado: già dall'iniziale ed oscuro "Skovatz" Petrella, in vacanza dal trombone, soffia note misteriose nell'etnico dijeridoo, e preannuncia che qui si fa sul serio...

"Rand-o-mania", il brano che dà il nome al gruppo, è una scanzonata fanfara che si trasforma in un'orgia elettronica pilotata dagli strumenti di Petrella e Cecchetto, filtrati da chissà quale tecno-diavoleria. Lombardini inocula una massiccia dose di funk nel quartetto, sia come strumentista che come autore, e il risultato è chiaramente udibile in "Charter Way". Petrella si trasforma in un trombonista R&B, e Cecchetto prende un assolo memorabile, in cui si fa tutto il viaggio da Hendrix a Frisell, e pure il ritorno...

Assai gradevole è "Giulietta's Theme", in cui Petrella gioca sulle nuances più ruffiane del suo strumento. Roberto Cecchetto sembra dimenticarsi di tutto il casino che ha combinato fino a pochi minuti prima, e tira fuori un assolo toccante, tra Jim Hall e Pat Metheny. Notevole l'apporto del batterista, che dispensa parchi e musicalissimi interventi percussivi. Finalmente una batteria registrata alla perfezione, e correttamente collocata nello spazio: né sparata in faccia all'ascoltatore, né relegata indietro, a dieci chilometri dagli altri strumenti.

U.T.Gandhi firma i brani più più introspettivi e cantabili, ma anche in questo caso siamo lontani anni luce dal mainstream. Basta ascoltare "Tony's Lament", un brano che non dispiacerebbe a Tom Waits, magicamente introdotto dalle note "Friselliane" di Cecchetto, che poi sviluppa il discorso nel successivo assolo. A seguire il breve solo di Lombardini che fa lo Steve Swallow della situazione, e scusate se è poco...

Ancora graffiante aggressività nelle prime battute di "Losts" di Petrella, che interrompe la trance ritmica concedendosi un assolo in totale solitudine, obliquo ed onirico, ad introdurre un "tema nel tema" bellissimo e suadente... Ma si riparte subito a mille, in un clima arroventato dalla chitarra ineffabile ed iperrealistica di Cecchetto. Degna chiusa con un perentorio assolo di U.T.Gandhi.

Da incorniciare il conclusivo (e troppo breve!) "Circles" dove, in una delirante atmosfera free, Petrella viene fuori come se niente fosse, tratteggiando un tema delicato e cantabile.

Come anticipato all'inizio, per l'equilibrio tra voglia di esplorazione, cantabilità, divertimento, sfrenata ed irriverente libertà improvvisativa, questo lavoro (uscito nel 2001) ha del miracoloso. In copertina è raffigurata una vetusta pompa di benzina. Il mio consiglio è di armarvi di pazienza e cominciare a cercare questo disco. Se riuscite a scovarlo, il risultato è assicurato: un pieno di "super".

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