Alto, dinoccolato, vestito con un completo nero, camicia bianca, cravatta di cuoio, capelli brillantinati, occhiali da sole all' uopo, perennemente con la sigaretta in mano, il prototipo del poeta metropolitano. Ma questa etichetta mi ha fatto sempre storcere il naso, qui c'è molto di più di una classificazione ghettizzante.

La scena è la California, il fulcro è Los Angeles, fine anni '70 inizio '80: ho sempre pensato che chi nasceva a Roma, io per esempio, nasceva già con lo sfintere anale rotto. Per chi è nato nel "Golden State" vale al cubo. La forte energia del posto necessita quest' accortezza da parte del destino, la consapevolezza di questa cosa risparmia debiti karmici. La medesima presa di coscienza da parte di Randall Kennedy ci comunica che anche i cherubini sono già sfondati. A maggior ragione poi perché Los Angeles è stato l' ultimo baluardo pionieristico, l' autoctono è il pioniere per eccellenza: ne passi di cose prima di arrivare dove il deserto incontra il mare.

"Cervello gonfiato - la lumaca continua rimuovendo la personalità. Fatica compiaciuta - quale droga perde lo scontro di senso con tonalità. Struttura - mangiando tutto l' essere, sputando i rifiuti. Frattura - belare affascinato liberando, scagliando getti d' oltraggio. Allo scopo di provocare una resurrezione dalle rovine" (A Rise From The Ruins).

Avendo avuto risparmiata meccanicamente questa "frizione" la vibrazione acquisita dalla nascita accende psichicamente il perineo innescando kundalini che sale fino alla pineale. E così il nostro Faraone d' un Kennedy con il sibilo che gli parte dalla fronte può scandagliare minuziosamente l' invisibile che lo circonda. Il lavoro fa parte di una serie di musicassette uscite per la Trance Port Tapes all' inizio degli anni '80, prodromi lucenti irreplicabili di quella scena trance californiana che si completerà più accessibile nella seconda parte del decennio.

Se qui uno cerca la purezza dell' underground astratto è accontentato, pochi lavori rispondono a quest' esigenza. Incontaminato Randall procede nella sua traslazione comunicativa come se fosse lì da sempre. Le visioni bislacche di avvenimenti per la norma (quale (E)norma?) comune considerati bizzarri prendono forma con reminescenze sadiane, nonsense millenari, situazioni grottescamente amplificate, assurdità inconcepibili ma credibili, emozioni da chi non gli basta più il reale visibile.

"Sapevamo del mattino, facendo scorte d' ossigeno. Piccole luci creano folli disegni con i tendaggi. Appesi dai davanzali con strappi coperti tendine ingiallite... fatti appena da parte, lasciamiti mostrare com'è fatta. Non aver paura, non urlare nell' oscurità, non distogliere lo sguardo" (Smith's Room).

Non c'è istinto di conservazione, solo naufragi consapevoli che non mancano mai l' appuntamento con le "rovine", monetarizzando però crediti per l' Aldilà. Potremo essere tutti dei bodyguard eunuchi di "Enorma Jones" (un brano del lavoro) nella villa italiana, perciò attenti alle palle da queste parti: "... mescolando bourbon, alcool, cocaina e quaalude in un cocktail da ultimo rituale. Lei aveva sempre saputo che era un bastardo presuntuoso... la terribile Enorma Jones ha comprato una villa in Italia, dieci libbre di cocaina e diciotto castrati. Il finale felice compensa per tutto" (Enorma Jones).

La musica procede di pari passo, le soluzioni sono talmente inaspettate che si infilano in ogni sinapsi. Un barbonismo distaccato enuncia il trascinamento dell' umano. Parlato e musica sono indivisibili, il livello ipnotico è raggiunto da reiterazioni trance, una volta usando come scusa il funky, altre volte atmosfere allucinate, cool jazz, sperimentazione, abstract e la collaborazione di Mark Nine (vi ricordate la mia recensione sui Ministry of Love?) che con la sua chitarra scava cunicoli che ti portano ulteriormente nelle profondità dei silenzi di segreti impronunciabili. La fruibilità è apparentemente leggibile ma dopo alcuni ascolti uno capisce che si aprono le porte di visioni trapassanti. Il raggio della poesia cruda di Randall scandaglia il basso, fondamentale passepartout per accedere all' alto.

"La grazia crea criminali, grazia nella penitenza dei weekend, grazia in chiesa, la grazia non perdona assolutamente... preti sfatti organizzano mostre di tracce d' eroina... Bramosie indecenti in vecchie tane... fetido ospedale, sono sottoterra, niente aria, solo quella di un fetido ospedale. La gente passa e nessuno ha un volto." (Graceview Trace).

L' atmosfera fatta visione è Ornella Muti che, in "Storie di ordinaria follia" di Marco Ferreri, si infilza una grande spilla da balia da guancia a guancia e la chiude senza un gemito... Come ci guarda lei totemica, ci guarda Randall alla ricerca di un' evanescenza che possa supportare questa nuova reincarnazione. Siamo tutti figli di Dio...

"Bisogna sedere al fianco del lebbroso. Rimarrò come un bambino in questa oasi. Sporco e in pace il lebbroso offre ristoro, un vino di palma. Il mio compagno scongiura che io non porti questa coppa alle labbra. Non accettare è un errore. La libagione è scura, tenebrosa come il mio vicino, va tutto bene. I saggi della notte dei tempi applaudono in muta intesa." (Dream 3).
Va tutto bene...

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