Come un rumore di cuore in continua fibrillazione, un innaturale battito continuo ed incessante, che ti chiedi quando sopraggiunga la morte, come sentirla arrivare da un momento all’altro e per sbaglio ma solo per sbaglio sfuggirle sempre.

Cos’è questo disco?

La colonna sonora di uno stato comatoso, ma senza luce in fondo al tunnel “something deeper and darker is no longer music” (Citazione ricopiata da un sito, ma non ricordo quale, molto calzante)

Un incredibile magma di angoscia scivola pesante dalla tua testa giù fino allo stomaco, e brucia la colata lungo la trachea mentre ti rendi conto che questo ascolto ti farà star male tutto il giorno.

Te lo stai ingurgitando inebetito come quando decidi di scolarti una bottiglia di scotch pur sapendo che il giorno dopo sarà un incubo e lo fai lo stesso.

Sto continuando ad ascoltare “The Kirghiz Light” benché so che domani lo passerò vomitandolo, e ora ne sto scrivendo pur sapendo che nessuno è interessato a Rapoon.

Insomma Rapoon, maestro dell’elettronica fine a se stessa, meritava una recensione fine a se stessa, colonna sonora di un mondo sì bello, ma in un costante e irreversibile stato comatoso.

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