Pesante, oppressivo, ma più che altro... strano. Lo stoner/doom dei Mozergush ci lascia perplessi sia per il genere proposto che per le soluzioni fuori dagli schemi; ne scaturisce il primo full-length della band, dopo 2 demo che già promettevano bene. Originari dalla fredda Donetsk in Ucraina, il terzetto formatosi nel 2007 si fa notare subito dalla copertina macabramente tribale e ci offre un album corposo e ben arrangiato che lungo la sua ora di durata ci trascina all'interno di un vortice sonoro che nelle parti più ‘morbide' ci attanaglia per l'inquietudine che riesce a trasmettere.

"Voznakurenets" ci proietta dentro questo malsano turbinio di suoni distorti e parole incomprensibili, sembra non avere inizio né fine, ed i suoi 9 minuti (!) fungono più da intro che altro.
Ipnotica la seconda "Red Bottle With Pills" col basso di Ivan deformato dalla lenta cadenza e dalla chitarra che sembra disperdersi lungo i 15 minuti nei quali compaiono sinistri rumori che ci fanno sprofondare nell' atmosfera notturna di un bosco. 
Non mancano gli episodi psichedelici come la strumentale "Here There Be Tygers", tetro arpeggio che introduce la violenta partenza di "Longliver (Man Who Will Never Die)", dove la voce è dilaniata sino allo sfinimento. Il cantato di Ilya (guitar/vocals) diventa poi ossessivo all'inizio di "Vulcanic Pigstars", mentre "Green Bottle With Pills" è un' accennata carezza di chitarra e basso che si adagia sopra l'ovattato vociare di alcuni bambini. Un intermezzo fatto di fastidiosissimi rumori noise/elettronici ci accompagna poi alla traccia finale, "Suicide Blues For Blue Suicidals", introdotta da un delirio industrial di suoni metallici mescolati ad ansia che si trascina per 11 minuti senza mai decollare e finendo il disco nella maniera più tremolante ed incerta.

Un ottimo disco per la band ucraina, che col proprio stile allucinato e a tratti ipnotico ricorda in molti passaggi i nostrani Ufomammut, e che si distingue sicuramente da molte altre formazioni che suonano lo stesso genere.

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