Banco Del Mutuo Soccorso - Canto Di Primavera (1979)

Credo sia parere comune, come non si contino poi molti (anzi) gruppi di prog-rock italiano, a potersi fregiare nella loro discografia di un trittico corrispondente all'omonimo debutto "Banco Del Mutuo Soccorso" o "Salvadanaio" per gli amici, "Darwin" ed "Io Sono Nato Libero". Se a tutto questo ben di Dio, concepito e partorito nel periodo d'oro del complesso romano, aggiungiamo tutta la serie di lavori compresi nella decade dei '70, si delinea un percorso di assoluta vita propria e rigoglioso sound tipicamente "Made In Italy". E' il 1979 e si riscontra un fatto particolare a mio avviso. Proprio nel periodo del tramonto, questo genere musicale ha sfornato piccoli gioielli (vedi "Wind and Wuthering", "Forse Le Lucciole Non Si Amano Più", ecc...), forse guardati con sufficienza dai sofisticati primi alfieri; eppure mentre i pilastri portanti del prog erano già caduti o in stato di abbandono, i fratelli Nocenzi e Di Giacomo, compongono una pietra dolcemente malinconica e velata di quell'umore crepuscolare, del quale è impossibile non restare investiti e il cui messaggio sottile e non ridondante, è riuscito a sopravvivere ai tuoni di quegli anni, dominati dal punk e dalla disco.

E' lavoro spontaneo, certamente diverso dagli esordi, composto badando sì al decisivo momento storico, ma lasciando l'anima a briglie sciolte. Lo si intuisce a partire dalla meravigliosa copertina; è un vento e una luce di primavera che investono l'ascoltatore, a partire dal delicato incedere dello strumentale "Ciclo", dove chitarre e tastiere e via via tutti gli altri, salgono sul palco uno ad uno, in punta di piedi, e disegnano lo scenario sul quale si staglierà il disco. Si sa, la Primavera è la stagione dei cambiamenti e Il Banco si congeda dagli anni '70 con un ideale epitaffio prog, che traghetta il gruppo nel nuovo decennio. Non senza tristezza. In tal senso si inserisce la successiva "Canto di Primavera". Il ritmo pare gitano e fintamente spensierato, ma in realtà rimanda a qualcosa di sfuggevole, che non c'è più e mai più tornerà; l'introduzione è magiche tastiere, percussioni e la voce quasi volutamente deposta di Francesco, ammainata, "...l'odore degli zingari è come il mare, come il mare arriva e non sai da dove...". Ma di lì in poi sarà un pauroso crescendo strumentale, tipico del Banco. Sarà cavallo di battaglia nei concerti. "Sono La Bestia" è un episodio più scanzonato e dal testo pungente, che Di Giacomo interpreta come al solito magnificamente, prima di immergerci acqua fino al collo, nella romantica ballata "Niente". Steso il tappeto di note, i fratelli Nocenzi lasciano spazio alla possente voce tenorile, che canta "...io voglio averti davvero", trafiggendo i cuori bui. L'entrata di Calderoni velocizza il ritmo e le leggere saettate di Maltese sullo sfondo, colorano e illuminano. Se per un attimo l'umore sembra ridestarsi, "E Mi Viene Da Pensare" è forse lo sguardo più struggente del Banco, verso un'epoca che non c'è più, verso idee che sembravano invincibili, impossibili da fermare. Il gruppo romano pare mai così fermo, sincero, conscio di ogni cosa, si rende conto del Vento di Primavera. Di Giacomo canta "...la Primavera è inesorabile". Una sopraffina ballata per voce e piano, dove Vittorio Nocenzi si lascia andare in uno stupendo solo finale. Sarà altro cavallo di battaglia nei concerti. "Interno Città" è una traccia dai passi alienanti, (sembra per certi versi una costola di "La Città Sottile", dall'album "Io Sono Nato Libero") di denuncia marcata, di nuove parole ficcanti come poche, sofferta e dalle impetuose accelerazioni. Ottimo lavoro come al solito di Rodolfo Maltese, mai eccessivamente sugli scudi, ma capace di un lavoro di ricamo mirabile.

Chiudono l'album due brani. "Lungo Il Margine", altra ballata (è l'album delle delicate ballate) senza tempo, che realmente ci trasporta ai confini del nostro io, con Di Giacomo che descrive paesaggi ai confini del Mondo, supportato come di consueto da un virtuosismo tecnico mai fine a se stesso degli altri membri, attento a non minare la nebulosità della canzone, con l'ascoltatore che realmente è proiettato verso il tramonoto e ne sente tutta la solitudine. "...Sole sei davvero imprendibile, davvero..."

"Circobanda" è l'ideale termine strumentale che riprende le sonorità di "Canto Di Primavera", prima di ricondurci verso quello spiraglio di luce della finestra in copertina, che purtroppo resterà il solo da lì in poi per Il Banco, che negli anni '80 subirà una virata totalmente pop, lasciando però ai malinconici sognatori, questa perla che guarda al passato che non c'è più, con devota ammirazione e quella secchiata di malinconia, senza la quale perdersi nelle note disegnate dal gruppo romano non sarebbe la stessa cosa.

Elenco tracce testi e video

01   Ciclo (04:21)

02   Canto di primavera (05:39)

L'odore degli zingari � come il mare
come il mare arriva e non sai da dove
l'odore degli zingari � come il mare
e primavera � oltre il suo cielo chiaro
non porta pi� leggende da raccontare
ma ti sorprende come una malattia.
La primavera � altro che un cielo chiaro
� grandine veloce sui tuoi pensieri
ti cresce all'improvviso dentro la testa
e scopri che hai bisogno di questo sole
e non ti fa paura la sua allegria
ma ti sorprende come una malattia.
Arriva all'improvviso,
arriva come il mare
e non sai mai da dove.
Arriva come il mare,
arriva all'improvviso
e non sai mai da dove.
La primavera � altro
che un cielo chiaro
� grandine veloce sui tuoi pensieri
arriva come il mare e non sai da dove.
Arriva all'improvviso, arriva come il mare e non sai mai da dove.
Arriva all'improvviso, arriva come il mare e non sai mai da dove.
Arriva all'improvviso, arriva come il mare e non sai mai da dove.
Arriva come il mare, arriva, arriva all'improvviso all'improvviso e non sai mai da dove...

03   Sono la bestia (04:33)

04   Niente (04:05)

05   E mi viene da pensare (03:20)

06   Interno città (06:44)

07   Lungo il margine (05:12)

08   Circobanda (06:21)

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Altre recensioni

Di  nick81

 Una prova leggermente inferiore questa per il Banco, rispetto ai loro precedenti capolavori.

 Un album che non possiede l'epicità dei precedenti, ma è più che valido come musica pop di classe.