There's something that tùrba et sovrasta nella giovine donzella filosovietica Spektor: e non hablo dei particolarmente aggraziati tratti somatici, anzichèsì.

Questo luminoso pianofortucolo che sgattaiola rapido sù e giù, furtivo e fugace, teneramente imbizzarrito (“Machine”), placidamente colloquiale (“Laughing With”) in un gioioso connubio come rare volte capita in ambito para-pop, fa bréccia come mai avresti minimamente sospettato.

E poi c’è questa vocina fresca, corposa, imbronciata eppure giocosa, svolazzevole, a tratti terribilmente confidenziale talché sembrerebbe rivolgersi proprio a Té.

Il disco, per quanto tecnicamente laccato e cerchiobottista (debutto su major, ohibò), dispensa generoso più d’un frangente assai riuscito. Anzichènò.

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