Gli R.E.M. del dittico "Reveal"/"Around The Sun" sono stati criticati, massacrati spesso ingiustamente o comunque in maniera perlomeno esagerata; si trattava invece di due buoni dischi, il primo un omaggio sentito ed accorato al Beach Boys sound, l'altro un'opera volutamente lenta, sovraccarica, che cercava (e spesso, checché se ne dica, ci riusciva) in perle come "Final Straw" e "Leaving New York" di esprimere un senso di disagio ed inadeguatezza che pochissime band al mondo avrebbero potuto esternare con l'infinita classe di Michael Stipe e soci.

Poi arrivò "Accelerate" (titolo più che azzeccato), che in qualche modo ha riazzerato tutto: i tre di Athens se ne uscirono con un album aggressivo, compatto, "urgente" (come si sarebbe detto una volta), con il quale sembrava volessero comunicare al mondo "noi ci siamo, e sappiamo ancora graffiare, quando vogliamo". Ma, in mezzo a tutta quella esuberanza chitarristica, un paio di perle del calibro di "Until The Day Is Done" e "Hollow Man" ci fecero intuire che anche la vena più "classica", comunque legata al sound remmiano per eccellenza al quale anche i fans più devoti sono ancora immensamente legati, era lì pronta a venire fuori, prima o poi.

E siamo arrivati al momento tanto atteso (o temuto, a secondo dei punti di vista). "Collapse Into Now", la nuova ed attesissima fatica in studio del combo statunitense, suona esattamente ed inequivocabilmente come un compendio, un comodo bignami di quanto i (non più tanto) ragazzi hanno fatto in trent'anni circa di splendida e scintillante carriera.

Ma non si pensi ad una stanca e scialba riproposizione di stilemi passati: i R.E.M. ci sono, eccome, e sono finalmente di nuovo al massimo della forma. Non hanno più bisogno di essere veloci e aggressivi per comunicare qualcosa, al contrario stavolta sono le ballate notturne, gli scorci melodici più criptici ed essenziali ad essere quelli che definiscono maggiormente il messaggio del disco.

Si parte con una "Discoverer" che richiama alla mente la splendida "Finest Worksong", con le sue chitarre piene e corpose ed uno Stipe sempre in grande forma, e si prosegue subito dopo con "All The Best", solita grande commistione remmiana tra melodia quasi perfetta e un Buck che sa sempre dove andare a parare in termini di costruzione melodica. Ma poi, a partire dal primo singolo europeo "Uberlin", ci si addentra in un sottobosco di ballate scure ed introspettive ("Oh My Heart", "Everyday Is Yours To Win", "Walk It Back") o scorci melodici degni del periodo più ispirato e concreto della band, a volte impreziositi da ospitate di grande prestigio (i cori di Eddie Vedder in "It Happened Today", degna erede del periodo "Document", la sempre irriverente Peaches nel selvaggio rock ‘n roll di "Alligator_Aviator_Autopilot_Antimatter" - unico retaggio del precedente "Accelerate" - e la Regina Patti Smith nel capolavoro conclusivo "Blue", tra atmosfere acide e soffuse).

Gradevoli anche l'intervallo power pop del minuto e mezzo scarso di "That Someone Is You" e il recupero delle favolose sonorità acustiche di "Automatic For The People" in "Me And Marlon Brando, Marlon Brando And I", anche se in entrambi i casi siamo di fronte ai due episodi più derivativi dell'album, forse troppo.

Cercare di riconnettersi ad un sound e ad un modo di comporre passato senza risultare troppo "scimmiottatori" di sé stessi non era facile, quindi complimenti a Stipe e soci. Vediamo adesso il futuro in quale direzione li porterà

Tracce chiave: "It Happened Today", "Alligator_Aviator_Autopilot_Antimatter", "Blue"

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