Dopo il grande successo di critica di "Murmur" e "Reckoning", i REM cambiano produttore. Chiamano Joe Boyd che li porta a registrare a Londra.

Appena "Fables..." viene pubblicato, la critica lo distrugge: noioso, pretenzioso, auto-indulgente. Una stroncatura inspiegabile, perché qui dentro troviamo almeno 4 dei massimi risultati del loro repertorio: "Driver 8" (il capolavoro ritmico dei REM, con riff d'apertura memorabile, e stupendo cambio sorretto dall'armonica a bocca); "Maps and Legends" (il folk-elettrico dei REM in tutto il suo splendore, supportato dai perfetti controcanti di Mills,); "Green Grow the Rushes Grow" (con un ritornello da brividi); "Wendell Gee" (colpo di genio di Mills, che ci regala un'incantevole simil-filastrocca dolente, con uno Stipe che lascia incantati).

Un gradino più sotto altre tre eccellenti canzoni: "Feeling Gravity Pull" (folk-elettrico pieno di cupezza contrastata da un delicatissimo ritornello, e da un sapiente arrangiamento orchestrale); "Old Man Kensey" (un altro folk-rock cupo, con Mills in evidenza); "Life and How to Live It" (REM accelerati).

Anche in "Fables...", i REM dimostrano di essere una band da singoli e non da album - per la presenza di alcuni brani non perfettamente riusciti. Detto ciò, questi pezzi minori non scadono mai nel riempitivo e nella fanfaronata a cui la band ci abituerà dal disco successivo. Bisognerà attendere "Automatic for the People" per trovare un album così serio.  

Una lode la meritano anche i testi, che qui cominciano ad essere impegnati, dopo le sciocchezze dei due dischi precedenti. Nelle parole di Stipe: "Le liriche di "Murmur" e "Reckoning" sono nonsense improvvisati al microfono. In "Fables..."  ho cominciato a raccontare storie".

Meno omogeneo di "Reckoning", ma con dei picchi superiori.

Un gran disco con diverse belle canzoni da (ri)scoprire.

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