Cielo completamente libero da nuvole, sole ormai basso sull'orizzonte ma ancora CALDISSIMO: sul palco arrivano i Feeder, band gallese il cui batterista, sposato e padre di due bimbi, si è inaspettatamente suicidato nel 2002. I due superstiti, Grant Nicholas (voce e chitarra) e Taka Hirose (giapponese, bassista) arruolano Mark Richardson (ex Skunk Anansie) alla batteria e portano avanti il percorso musicale della band: power-pop (o pop-rock?) onesto, tonico e niente male dal vivo.

Poi tocca agli Sparklehorse: in realtà piú che di una band si tratta di un personaggio proveniente da una fattoria della Virginia, Mark Linkous, che si accompagna di volta in volta a vari musicisti. Propone una mezza dozzina di pezzi spazianti dalle ballate delicate che ricordano Neil Young (anche nell'aspetto fisico, visto che Linkous è altissimo), a pezzi rock molto distorti (e parecchio contorti, anche).

Poi, poco prima delle 22 arrivano Stipe & Co. e l'ambiente si scalda. Non che ce ne fosse bisogno, visto che sul prato ci saranno stati 200 gradi e umidità al 1000%: diciamo che probabilmente ad altezza gambe pioveva.

Gli R.E.M. non hanno un vero nuovo lavoro da promuovere: sta per uscire un greatest hits con un paio di inediti, ma il prossimo album è ancora in cantiere. Quindi la scaletta prevede pezzi presi da tutta la discografia della band (ne hanno preparati un'ottantina), varia di volta in volta (e con una quindicina di album alle spalle le possibilità sono molte) e viene integrata dai pezzi richiesti via internet dai fans informatizzati e da un paio di pezzi nuovi ("I'm An Animal" e "Bad Day").

La band è in gran forma, soprattutto Stipe, che si concede molto e si diverte ("We haven't been playing this song for a very long time, but we're playing it now 'cause we're in fucking Italy!"). La sua voce è stupenda: ammazzerei i coglioni vicino a me che urlano le canzoni rischiando, a tratti, di coprirla (li odio, li odio, li odio).

Il bello degli R.E.M. è che sono una vera rock band, ma - nonostante i milioni di copie vendute - mantengono lo spirito "indie" degli esordi e soprattutto molta sobrietà.
La scenografia essenziale, l'assenza di effetti speciali strabilianti, il comportamento da "persone normali", il volume "giusto"... tutte cose che me li fanno piacere. Molto.

E poi sono ottimi musicisti: il finale di "Country Feedback" affidato alla chitarra di Buck è da brivido ("Took him 22 years to play like that, but when he does now he doesn't fuck around" dice Stipe).
Molti loro pezzi, ormai, sono diventati inni. Per questo mi incazzo un po' di meno quando tutti strillano sopra "Losing My Religion": come dice Stipe "This song is yours, all yours", è un classico e come tutti i classici non appartiene piú agli autori.

Insomma: un buon concerto, ottimo per saggiare lo stato di salute della band (a chi stesse a cuore) e anche per ripercorrere il loro (vasto) repertorio. Ovviamente nulla di nuovo o particolarmente originale.

PS: il bravo donzaucher ha scritto la setlist in un commento, la copio qui che si legge meglio, grazie donz!

  1. So Fast, So Numb
  2. Pilgrimage
  3. New Test Leper
  4. Animal
  5. The Great Beyond
  6. Driver 8
  7. I've Been High
  8. Bad Day
  9. The One I Love
  10. So. Central Rain
  11. Fall On Me
  12. Daysleeper
  13. Electrolite
  14. Losing My Religion
  15. Cuyahoga
  16. Walk Unafraid
  17. She Just Wants To Be
  18. Man On the Moon
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  19. Everybody Hurts
  20. Country Feedback
  21. Imitation Of Life
  22. It's The End Of The World As We Know It (And I Feel Fine)
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