Nonostante il titolo, l'album più down dei REM.
La melodia malinconica da brividi dei REM qui si è trasformata in patetica rassegnazione - una lagna capace di sfidare i peggiori brani degli Smiths e dei Radiohead. I REM non sono mai stati dei vincenti, ma neppure dei patetici sconfitti senza speranza.
Per descrivere il disco, sul quale i critici alternativi hanno scritto pagine di celebrazioni, basta leggere l'intervista fatta da Stipe a MTV Italia alla fine del 1998: "Dopo la dipartita di Berry, volevamo chiudere la baracca. Poi abbiamo deciso di andare avanti".
Il risultato è proprio questo: un album svogliato, fatto per inerzia, perché i REM non ebbero la forza di rinunciare al contratto di 80 milioni di dollari firmato nel 1996. Col brand "REM" c'era troppo da guadagnare.
Ovviamente, il loro genio melodico non è sparito completamente. Cinque brani sono ottimi: "At My Most Beautiful" (splendida ballata al piano con uno Stipe delicatissimo senza cadere nello sdolcinato); "Daysleeper" (buon pezzo acustico, benché lontano dai classici del passato); "Lotus" e "Walk Unafraid" (brani alla REM con ritornello esplosivo, deturpati dalla chitarra synth); "Falls to Climb" (splendido lento all'organo che conclude bene il soporifero disco). Il resto è terribile, nonostante qualche buon ritornello, come in "Diminished" e "Parakeet".
Senza le celestiali melodie di Stipe, i REM sono quello che sono: una noia mortale musicalmente mediocre. La verità è fin troppo banale: in "Up", Stipe non ha avuto nessuna voglia di trovare melodie. Su tutti i brani, ciò che fa sorridere è l'atroce intro: "Airportman". Il modo perfetto per distruggere un disco sul nascere.
La durata - incredibile ma vero - è di 65 minuti. Delle due l'una: o i REM hanno perso il senno, o hanno voluto farsi odiare da chi li ha amati.
Un disco notevole a suo modo. I REM hanno inventato un nuovo strumento per torturare i prigionieri politici. Peggio della goccia d'acqua sulla testa.
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Altre recensioni
Di giov
Per la prima volta nella discografia dei R.E.M. appaiono nero su bianco, schiacciate dentro un libretto, le parole che forgiano le canzoni di Micheal Stipe.
Da quello che era un nucleo sull’orlo della fine più malinconica nasce un piccolo capolavoro che fa riscoprire alle riviste di musica di tutto il mondo che c’è un gruppo che, quando vuole veramente, sa prendere il centro della scena come pochi altri al mondo.
Di ste84
È dura la vita per chi è il chitarrista di una delle migliori rock band del mondo...
Hai creato un altro capolavoro.
Di STIPE
"Fu una decisione dura, sofferta, dopo l'abbandono di Bill eravamo distrutti, ma la musica ci ha preso per la gola e ci ha fatto continuare."
"Questo disco apre un altro capitolo della storia dei R.E.M., un lavoro superbo e eccellente."