Sono sempre convinto che nei confronti del fenomeno Rhapsody ci sia un approccio sbagliato, sia che si voglia intenderlo in senso positivo, sia in negativo.
All’indomani dell’uscita del primo 'Legendary tales' e del suo successore, 'Symphony of enchanted lands', molti gridarono al miracolo e tanto fu il clamore per questi due lavori che sembrarono risollevare le sorti del metallo tricolore troppo spesso relegato in secondo piano da produzioni pessime e da un certo snobbismo da parte della stampa estera. Ancora ricordo titoli ed epiteti di alcuni scribacchini delle note riviste di genere che parlavano di capacità inumane del duo Turilli/Staropoli, addirittura parificabili ai grandi compositori classici.
Per quanto potesse essere buona la proposta della band triestina certe esagerazioni erano sicuramente fuori luogo, sia perché non veniva inventato nulla di nuovo, sia perché i Rhapsody non avevano quella genialità attribuibile a gente tipo Blind Guardian, limitandosi a riprenderne gli schemi power-sinfonici infarcendoli di orchestrazioni. Così, alla pubblicazione del terzo 'Dawn of victory', quando i nostri riproposero, né più né meno, i soliti clichè, i soliti cori, le solite sonorità, tanta fu la delusione da parte di coloro che scoprirono, ma guarda caso non ve ne era bisogno, che i Rhapsody non erano i Pink Floyd del metal, bensì una band che aveva detto quello che aveva da dire nei primi due albums e che in futuro avrebbe riciclato all’infinito le solite idee, magari il tutto fatto ad opera d’arte, ma riducendo di molto quel fattore novità che era stato il loro terreno fertile al momento del debutto.
Critiche aspre ci furono anche nei successivi lavori 'Power of the dragonflame', il mini 'Rain of thousand flames' e la seconda parte di 'Symphony' in cui la band come uniche eccezioni si concesse qualche cantato in italiano, la presenza, in veste di narratore, del leggendario Cristopher Lee ed una diminuzione della componente metal a favore di quella orchestrale.. Certo che anche i cinque ragazzi ci hanno messo del loro, con video ai limiti del ridicolo, etichette senza senso (Hollywood metal ??? Film score metal), tuttavia resta il fatto che, nel genere suonato, nonostante tentativi di imitazione, restano ancora i migliori.
Mutato il loro monicker, per problemi legali, nel non originalissimo Rhapsody Of Fire, con questo 'Triumph or agony', non si discostano di un solo centimetro da quanto proposto in passato, mettendoci dentro tutti quegli elementi che sono da sempre croce e delizia dei sostenitori e detrattori: cori epici e sontuosi, organi, clavicembali, flauti, zufoli, violini, viole, tromboni, ottoni, tamburelle, insomma tutto il necessario per ricreare le loro sonorità tronfie e pacchiane. Ed i testi? Suvvia, tutti sappiamo che i draghi volano alti, che gli unicorni sono puri e che se pianti un fagiolo crescerà una pianta enorme fino al cielo dove vivono i giganti, per cui solo dell’aspetto musicale ci occuperemo. In secondo piano, quindi, il lavoro delle chitarre mentre su tutti svetta l’ottima prestazione al canto di Fabio Lione, ora dolce e soave ora proiettato in veri e propri screaming, con l’unico difetto di una pronuncia inglese non proprio all’altezza. Non aspettatevi, quindi, rivoluzioni, anche se il disco si fa ascoltare con piacere, caratterizzato da molti mid tempos in cui i suoni orchestrali quasi coprono quelli classici del metal, spostando, come detto sopra, l’ago della bilancia più sulla componente sinfonica che su quella metal.
L’intro Dar – Kunor è più lunga del solito ed è infarcita da cori e sonorità inquietanti. Il brano è praticamente orchestrale, con la band che solo nel finale si unisce all’orchestra nella ritmica. Ancora le orchestrazioni a farla da padrone nella title track, mentre la successiva Heart of the darklands è un brano trascinante, quando di più vicino agli esordi è presente in questa opera. Old age of wonders è il classico brano di stampo medievale, molto struggente, mentre la band tributa i Manowar nelle successive The Myght of holy sword e Bloody red dungeons, due poderosi mid tempos, in cui l’ottimo Lione fa un po’ il verso all’inarrivabile Eric Adams. Non mi convince l’unico brano scritto da Lione, la sanremese Il canto del vento: sì, per le sonorità potrebbe partecipare alla popolare kermesse sonora, troppo legata al melodramma italiano, per intenderci. Silent dream è, invece, una piacevole novità, caratterizzata da un suono pomp, molto ottantiano. Son of pain è epicità allo stato puro, mentre nella lunga suite The mistic prophecy of the demon knight viene riproposto tutto l’universo musicale rhapsodiano, con una lunga parte centrale solamente orchestrale e la presenza, in alcuni punti, degli screaming del sorprendente Fabio Lione ed, ancora in veste di narratore, di Cristopher Lee e, come guest, delle sue figlie.
Che dire, non sarà certamente questo disco a far cambiare idea ai tanti detrattori, tuttavia a chi ha sempre seguito con affetto la proposta di Trilli & Co. non potrà restare che soddisfatto. Qualcuno dirà: e la solita minestra, ma io aggiungo che il piatto è quello, ma non certo da buttare.
Elenco tracce testi e video
02 Triumph or Agony (05:02)
Vision of darkness, mad gothic splendour
rhyme of primordial neverending war
carved in the wild rock under the ghost town
sun of the darklands, black pride of Kron
Two hundred nor of unholy stone
speak through the tears of desperate souls
legend and myth will never reveal
the infinite pain behind Nekron’s will
Wars of the underworld
fought by our brothers who’ll never return (x2)
Broken emotions wet from the shy rain
lords of the lost time dream of great revenge
no chance for mind’s rest, fear in the dawn’s breath
what they will soon find can be just their death
Two hundred nor of unholy stone
speak through the tears of desperate souls
legend and myth will never reveal
the infinite pain behind Nekron’s will
Wars of the underworld
fought by our brothers who’ll never return (x2)
IT’S OUR DESTINY
TRIUMPH OR AGONY
ANCIENTS’ GLORY ENDLESS PAIN
DEEP INTO THE DUNGEONS OF HELL
Lux aeterna
de sententia dolorosa
libera nos
lux aeterna
ex dolore sangui
Angelus sempiternus
angelus ex inferno (x2)
IT’S OUR DESTINY
TRIUMPH OR AGONY
ANCIENTS’ GLORY ENDLESS PAIN
DEEP INTO THE DUNGEONS OF HELL(x2)
Lux aeterna........
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Black GaRey
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Altre recensioni
Di Falce&Martello
"Silent Dream, perfetto, sublime ed epico, con un chorus da cantare a squarciagola sotto la doccia."
"La title track è una pietra miliare nella scaletta live dei triestini!"