(Prima di iniziare a scriverla volevo dedicare questa recensione principalmente alla Fede De l. che mi ha fatto conoscere meglio i Rhapsody che prima ero restio ad ascoltare ma anche al mio amico Gazzo, che non centra niente ma voleva essere ringraziato... Inoltre va dedicata anche a coloro che amano questo gruppo, ma soprattutto al circa 70% dei metallari a cui fa schifo questa band, sperando che almeno la mia recensione gli piaccia).
Siamo davanti a Power of the Dragonflame, quarto lavoro (senza tener conto dell'lp "Rain of a Thousand Flames") e per me tra i migliori dei Rhapsody, vero e proprio orgoglio italiano. Provate a creare un disco power, aggiungerci l'elemento epico, cori e orchestre (per altro dirette molto bene da Alex Staropoli): questo cd ne sarà sicuramente il risultato!
Cambiano gli ingredienti ma non la sostanza quindi: in questo album i triestini apportano varie modifiche che fanno capire che non sono una band di poco conto come molti la considerano... In parole più semplici vengono rivisitate le opere precedenti alle quali vengono aggiunte cattiveria, velocità ed energia, quasi un apporto di thrash, per plasmare un sound sempre piacevole da ascoltare e migliore di quello che troviamo in "Dawn of Victory" dove le orchestre apparivano con più intensità creando però purtroppo una sensazione quasi di pesantezza.
Tutto ciò si può notare da canzoni più veloci cariche però di melodie e sinfonie. Altro cambiamento degno di nota è il massiccio uso dei cantati in inglese (a parte la ballad "Lamento eroico" cantata completamente nella nostra lingua).
Tuttavia non cambia la struttura del disco, composto da dieci canzoni e battezzato dall'immancabile intro, in questo caso "In tenebris" (tra l'altro molto bello) recitato in latino; per arrivare subito alla maestosa "Kinghtrider of Doom". Successivamente troviamo la title track, secondo me la migliore di tutto il pacchetto grazie alla carica che trasmette.
Altre cose da notare sono la cattiveria di "When Demons Awake" cantata perlopiù in growl da Fabio Lione che fa tanto black metal, "The March of the Swordmaster" tratta da un vecchio motivetto medioevale e la finale "Gargoyles, Angels of Darkness" canzone che dura più di diciannove minuti costellata da parti di chitarra acustica e riffs cattivi.
Forse una pecca è data dalla produzione un po' troppo scontata che rischia di rendere questo album noioso, ma sicuramente è il lavoro che ha consacrato Luca Turilli sia come compositore ma specialmente come chitarrista, facendo vedere una tecnica ad altissimi livelli.
Un disco che va consigliato agli amanti del power in generale, ma non ai molti che non hanno mai sopportato i Rhapsody. O piace o non piace, non penso proprio ci siano vie di mezzo per un gruppo che sicuramente ha fatto parlare molto di sé, sia in positivo che in negativo.
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