Fine primo tempo, i commenti in sala sono del tipo: «Ma cosa stiamo vedendo?», «È tutto ambientato nei trulli?». Salto in avanti, titoli di coda: la sensazione è quella di aver visto uno degli episodi più belli dell'intera saga, forse secondo solo a L'impero colpisce ancora.

Lo scarto mi sembra significativo, perché mai come in Star Wars le aspettative del pubblico rischiano di ingabbiare registi e sceneggiatori in quanto a libertà creativa. Ne abbiamo avuto due esempi lampanti nei film del 2015 e del 2016: due prodotti, generati quasi automaticamente dall'immaginario lucasiano, senza spunti creativi.

Fortunatamente l'Episodio VIII possiede una sua dignità e autonomia, un suo carattere. E allora la lunga parte ambientata «nei trulli» vale tanto oro quanto pesa, perché ristabilisce quel carattere pseudo filosofico che è l'essenza dei Jedi, e lo fa molto bene, con un copione scritto con grande ispirazione da Johnson. La prima parte dà inoltre una caratterizzazione non scarna ai protagonisti, pur con differenze di esiti dovuti alla differenti qualità della recitazione. Il trio Luke, Kylo Ren e Rey non è infatti ben equilibrato sotto un profilo puramente attoriale: Adam Driver è molto più bravo, Mark Hamill ha comunque carisma, mentre Daisy Ridley rischia di venir schiacciata, pur essendo la vera protagonista. Ma ci pensa la sceneggiatura solidissima a tenerla a galla, perché la sua forza è data di riflesso da quella degli altri due, non è mai isolata.

Leggendo commenti e recensioni prima della visione, mi ero fatto però delle aspettative diverse. Il film non scardina a tal punto l'impostazione generale, i colpi di scena non sono così incredibili, per quanto gustosi. Credo che i commenti esagerati siano frutto della febbre da Star Wars che non svanisce mai. Nella pellicola troviamo piuttosto una dialettica molto fertile tra tradizione e rinnovamento, tra carisma dei personaggi storici e freschezza dei nuovi. Ma anche tra gravitas e comicità: c'è un'alternanza continua e spesso repentina di toni seri e uscite ironiche, con un ritmo così veloce da non dare quasi il tempo di ridere (o lamentarsi delle battute).

Questo filtro ironico è stato molto criticato, ma è invece necessario quanto alcuni colpi di scena per far rifiorire la saga. La scelta denota grande intelligenza e lucidità da parte del regista-sceneggiatore: l'epica di Star Wars non è così forte da potersi permettere due ore e mezza di serietà assoluta, non regge. Certo, se la leggerezza è data da Jar Jar Binks o dagli Ewok, le cose non vanno tanto bene, ma in questo caso il lavoro è più mirato e innegabilmente legato ai toni sviluppati dal Marvel Cinematic Universe. Sì, ci sono i mostriciattoli anche qui, ma viene riservato loro un minutaggio esiguo oppure gag lampo, che strappano un sorriso. L'ironia nei suoi momenti più fini si fa meta-narrativa, come è meta tutta l'impostazione della nuova trilogia, che non nasconde il suo richiamarsi a quella classica, giocando su variazioni, imitazioni non nascoste, deformazioni ironiche o riformulazioni estetizzanti.

Questo film è uno dei migliori della saga anche per la gestione delle battaglie spaziali, mai così tattiche, articolate e approfondite. A confronto, tutto quello che abbiamo visto in passato sembra un esercizio di prova. Qui le strategie spaziali, le guerre stellari vere e proprie, sono messe in assoluto primo piano, senza però sacrificare neanche un pizzico delle storie individuali, dei rovelli personali. E le peripezie minori non si riducono solo ad avventure in digressione, ma vanno a postulare una vera e propria lotta interna alla Resistenza. Ci sono nuovi personaggi che funzionano bene e danno ulteriore respiro a quelli introdotti nel precedente capitolo.

A un certo punto, il film impenna: c'è una scena da vertigini, nella quale si perdono tutte le certezze, lato chiaro e scuro si confondono, tutto sembra essere scardinato. È uno squarcio del velo superficiale che divide i protagonisti in fazioni, è uno svelamento del volto umano sotto la maschera pirandelliana di ciascun personaggio. Rappresenta uno degli apici assoluti della saga, ma ben presto deve necessariamente chiudersi e tornare sui binari consolidati. Dopo un simile acme, si può affrontare serenamente lo scontro finale sul pianeta di terra rossa e sale, brillante riproposizione-variazione di Hoth, a riconferma del gioco di richiami con riformulazioni. La sequenza è bellissima e riserva un duello tra i più suggestivi dal punto di vista visivo.

La riflessione è questa: l'immaginario creato da Lucas sarà sempre più grande dei singoli, vari, film. Ma credo che restando nell'ambito di genere il lavoro di Johnson si attesti su livelli decisamente alti. Per rendersene conto non bisogna però essere fan troppo accaniti, perché certe scelte suonano come degli sberleffi alle aspettative più morbose degli ammiratori. «No, vaffanculo a tutti, me ne fotto delle vostre teorie». Che siano di discendenze generazionali, che siano di addestramenti Jedi, di uso della Forza, di scansione strutturale degli scontri: Rian gioca col fuoco e vince clamorosamente la sua scommessa.

7/10

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