Partiamo dal presupposto che “Alterlife” é per me il pezzo pop che rappresenta meglio il decennio appena concluso.

Aggiungiamo il fatto che i temi trattati da Rina nel suo ep di debutto (sessualità e liberazione) rappresentino molto bene il sentire di una buona fetta di persone dai 18 ai 30 anni.

Finiamo con l’appunto che i testi di questo Sawayama sono tutt’altro che banali e risentono anche degli studi (psicologia, sociologia e scienze politica) della cantante, tra una passerella, l’incisione di un disco o un concerto.

L’asticella del pop, soprattutto di quello femminile, sta raggiungendo livelli che mai si sarebbero immaginati quando Britney, Madonna e Lady Gaga ci portavano in un mondo plasticoso fatto di hit, di mondi patinati e/o finto horror. La fusione tra mainstream e indie ha portato, a parere di chi scrive, ad un innalzamento del livello della musica pop, meno legata alle logiche delle major da un lato e più aperta ad un minimo di sperimentazione, che rende le leve dell’attuale pop molto più sexy rispetto al passato (siano loro uomini o donne, o non-binary)

In più le donne stanno costruendo un mondo tutto loro, non devono più basarsi su stilemi e modi di comporre e performare tipicamente maschili (forse solo Kate Bush ci aveva provato in passato) e sono sempre più libere di trattare la loro condizione di donne del nuovo millennio, donne che non ci stanno più a essere brave a letto e in cucina o che magari reclamano di esserlo. Le etichette e il modo di vedere eteronormativo non sono più centrali, si può essere pop e parlare delle paure profonde che ti attanagliano, come fa Rina Sawayama oppure lanciare campagne per sensibilizzare la condizione delle escort come sta facendo FKA Twigs (immaginatevela 20 anni fa, con una casa discografica alle spalle che non glielo avrebbe mai permesso).

Questo EP di debutto finisce con regalarci sei canzoni e due interludi in cui si ha quella sensazione di “ritorno al futuro”, con chitarre e synth che sanno di anni 80, anche se non si é sicuri che si tratti del 1980 o del 2080 (ascoltare “10-20-40” o il punto nevralgico del disco “Alterlife”). Oppure i ritmi dei primi 2000 adattati agli anni 3000 di “Ordinary Superstar” (e come se Britney Spears avesse un’anima e la mettesse nella musica) o “Take me as I am”. C’é un’assenza di regole come nel modo di presentarsi di Rina, a volte senza un filo di trucco a volte completamente in drag. La ragazza non vuole essere etero o gay, non vuole essere pop o indie, non vuole essere solo una cantautrice o una performer pop. Lei vuole essere tutte queste cose insieme, fottendosene della cultura dei suoi genitori, fottendosene dei boomer che la prenderanno, erroneamente, per l’ennesima Britney Spears o per un’esponente del K-Pop solo per i tratti orientali (i suoi genitori sono giapponesi, ma lei é cresciuta a Londra).

Alla fine dell’EP non capisci bene chi sia Rina, ma senti che rappresenta pure la tua voglia di essere qualsiasi cosa ti passi per la mente, senza farti troppi problemi e senza limiti. E scusatemi se é poco.

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