Il periodo compreso tra la fine degli anni 80 e la prima metà degli anni 90 fu pregna di albums importanti nel panorama crossover che iniziò ad impazzare nelle classifiche di mezzo mondo.

Gente come i Faith No More, i Red Hot Chili Peppers e i Living Colour, tanto per citare, forse, i più rappresentativi occupavano in maniera quasi massiccia gli spazi delle riviste specializzate e non, riempivano le arene di fans e facevano il pieno di dischi di metallo pregiato che li portarono ben presto a uscire dai ristretti limiti di band underground per approdare alla conoscenza delle masse. Furono di quegli anni dischi imprescindibili quali “The Real Thing” e “Angel Dust”, della band di Mike Patton, “Blood Sugar Sex Magic” dei peperoncini rossi piccanti e “Time’s Up” dei Living. Mi sento di consigliare a coloro che amano tali dischi ed, in generale, il tipo di musica contaminata di quegli anni, “Mantra” dei milanesi Ritmo Tribale.

I Ritmo Tribale, pur riscuotendo un buon riscontro di critica e pubblico nella prima metà dei nineties, grazie all’uscita di, appunto, “Mantra” e “Psychorsonica”, non hanno mai avuto il successo che si meritavano, anche perché il loro rock contaminato ma diretto e senza fronzoli, si indirizzava a quella fetta di pubblico che sbavava dietro ai Litfiba (oramai in fase ispirativa calante) e a gente inutile come Ligabue.
Nati nella metà degli anni 80, il sound dei nostri si è lentamente evoluto da un suono punk e hardcore ad un crossover di chiara matrice funky che deve molto soprattutto alla creatura di Anthony Kiedis, il tutto poggiato su una robusta base hard rock coinvolgente ed incalzante.

“Mantra”, ossia, forse, il loro miglior lavoro, è un’opera completa sia sotto l’aspetto musicale che compositivo e meriterebbe senza dubbio un riconoscimento maggiore del dimenticatoio in sui sono finiti i Ritmo Tribale, complice la dipartita dal gruppo dopo la pubblicazione di "Psychorsonica" di Edda, cantante abilissimo e dotato di una voce calda e particolare.
Il filo conduttore dell’album è il sogno, visto in una concezione intima e possessiva in cui rifugiarsi (“Prendi il tuo sogno e lascia stare il mio, questo è il mio gioco, questo sono io”, “Madonna che sogno, io non riesco a dire di no”) ed, in generale, il rapporto tra l’uomo e tutto ciò che sfuggente, non materialmente conoscibile come la religione (“C’è veramente un potere che non vedi ?, c’è veramente il mistero che tu credi ?, c’è veramente l’assoluto ai tuoi piedi ?” ) e la propria anima (“Vorrei un corpo fatto di antimateria, con dentro un cuore che si stacchi dalla terra..”).

Musicalmente questo “Mantra” si caratterizza per l’ampia varietà di suoni e di stili. Si comincia con la durissima “Assoluto”, contraddistinta dal riff ossessivo di chitarra in puro stile heavy, e si continua con l’hard rock dal sapore grunge di “Madonna” e “La mia religione”, con il rock sanguigno e zeppeliniano di “Hanno tradito” e “Sire”, con la punkeggiante “Ti detesto II”, con la potente cover di Rino GaetanoIl cielo è sempre più blu”, con la psichedelica “Antimateria” dall’intro che ricorda vagamente “ Tomorrow’s World” dei Killing Joke, con il funky di “Buonanotte”.
Ma i momenti più intensi dell’ album si devono ricercare nelle songs più posate e melodiche come la blueseggiante “Amara” e, soprattutto con i suoni raffinati e delicati di “Sogna” e “La verità”.

In conclusione non c’è molto da dire se non che si tratta di un album da scoprire per un gruppo da rivalutare, soprattutto per chi ha vissuto in prima persona l’affermarsi del crossover negli anni 90.

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