In teoria è un album di remix, bonus track e inediti, in pratica è a tutti gli effetti un vero e proprio album… di sicuro è più interessante degli ultimi due album! Questa è la verità circa l’ultima uscita discografica dei polacchi Riverside.

L’annuncio di un’imminente uscita dai connotati ambient ed elettronici mi incuriosiva parecchio. Chi mi conosce e mi legge sa ormai benissimo che io sono quello che cerca sempre il coraggio, la svolta, la sperimentazione, ecc., uno dei motivi per cui apprezzai molto “Anno Domini High Definition”; ed è chiaro che quando ho sentito tale annuncio sapevo che, seppur composto da materiale già precedentemente inedito (ma da me mai ascoltato in quanto abbastanza schivo verso bonus track e robine varie che gonfiano gli album), sarebbe stato sicuramente più interessante degli ultimi due lavori, a mio avviso non coraggiosissimi, specie l’ultimo, che per quanto bello mi è sembrato essenzialmente una versione più soft/Pink Floyd/Cure/Anathema dei vecchi Riverside.

“Eye of the Soundscape” è quindi un piccolo gioiellino, con un orientamento musicale ben identificato ma abbastanza vario nelle soluzioni e nei suoni. L’ispirazione è tangibile e mi sento di considerarlo un lavoro quasi essenziale nella discografia del gruppo, non una semplice chicca da collezionisti.

I brani rispondono ad un comune denominatore ma presentano diverse influenze. “Where the River Flows” suona notturna e futuristica nei suoni pur conservando gran parte delle distese linee di basso e chitarra tipiche del gruppo. La title-track e le due “Night Sessions” hanno un’impronta quasi vicina alla musica cosmica tedesca; la parte 1 ricorda perfino i Tangerine Dream di “Phaedra” e “Rubycon” per via dei lunghi e ripetuti loop elettronici, la parte 2 prevede un intelligente sax ad accompagnare i sottili rumori ed effetti. Elettronica più ritmata e un tantino poppettara in “Sleepwalkers”, più spinta e tradizionale invece in “Machines”. C’è pure un brano acustico, “Promise”, che devia dallo stile dell’album.

“Eye of the Soundscape”, non è un lavoro qualsiasi, non è un semplice oggetto da collezione, è un trip di oltre un’ora e mezza intenso e coinvolgente, vagamente psichedelico, pure un pochino inquietante, che va ascoltato e vissuto in maniera intensa. Ma allo stesso tempo risulta anche rilassante e sognante.

Se l’avete snobbato o addirittura ve lo siete dimenticato provatelo!

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