I film di Robert Altman che preferisco, sono "Nashville" e "America Oggi" (Short Cuts). Forse perchè hanno in comune la struttura narrativa, costituita da svariate storie che s'intrecciano l'una con l'altra, e, entrambe costituiscono una dura critica al "sogno americano". Ma se il primo mostra la politica trasformata in un luna park, uno show, in "America Oggi" si assiste alla vita di persone che hanno in comune il fatto di vivere nella stessa città e di essere infelici.
Alternando il banale e il drammatico, Altman racconta frammenti di vita e drammi privati dei suoi antieroi, antieroi nei quali molti si possono rispecchiare. Un cinico poliziotto che pensa solo a tradire la moglie, abbandona il cagnolino di casa, colpevole di abbaiare troppo. Una casalinga fa telefonate erotiche, mentre cambia il pannolino del suo piccolo. La vita di una coppia benestante, si fa dramma, quando il loro bambino Casey, è investito involontariamente da Doreen, cameriera di un fast food. Una cantante di night club, canta "i'm a prisoner of life" il titolo è emblematico perchè allude alla condizione dei vari protagonisti del film, perdenti alla ricerca di un esistenza migliore, schiavi di quel niente chiamato routine, "prigionieri della vita", appunto.
Il regista si è ispirato ai racconti di Raymond Carver, consegnandoci un film di persone che amano, odiano, ci mostra episodi di vita comune, individui che tirano avanti per trovare uno spazio, un briciolo di fortuna, o forse, solo un po' d'amore. Altman non vuole insegnare, ci invita a seguire la vita di esistenze difficili, spesso assurde. Una raffigurazione inclemente, della natura umana, della solitudine di persone che non sanno rapportarsi con la vita. Esemplare in questo senso, la rappresentazione di Paul, nonno di Casey, il quale si fa vivo all'ospedale, dopo molti anni di silenzio. Non si fa coinvolgere dalla sorte del bambino ma attacca bottone coi parenti di un altro ragazzino. Non capisce il dramma che vive la propria famiglia, così racconta i fatti suoi, disinteressandosi del nipotino. Paul è il centro, per lui la sola realtà degna d'attenzione, è lui stesso. Ritratti desolanti, dove a farne le spese sono i più deboli. La figlia della Jazzista, una fragile violoncellista che cerca di colmare il deserto di sentimenti nel quale è vissuta, prova invano a stabilire un rapporto con la madre, donna insensibile, disillusa, la gentile ragazza non regge il peso dell'ennesimo fallimento e si suicida. Il percorso del film ci porta pure a conoscere la già citata Doreen, e suo marito Earl (Tom Waits) che vivono una relazione burrascosa a causa dalla dipendenza dall'alcool dell'uomo. E' significativo anche l'episodio dei tre pescatori che scoprono nel fiume il cadavere di una donna, invece di avvertire la polizia, fissano il corpo alla sponda, per poter continuare a pescare e scherzare indisturbati. Il film termina con una scossa di terremoto che provoca una caduta di sassi, ma dà anche modo alla violenza di Jerry, accumulata in anni di frustrazioni, di manifestarsi nel modo più rabbioso. Un terremoto che può essere inteso metaforicamente, non esiste sciagura, dopo la quale la vita non continui, nonostante tutto.
In "America Oggi" non c'è sogno nè allegria, è uno spaccato amaro, senza speranza, della società americana. Dura tre ore, ma se entriamo nel meccanismo del film, se capiamo lo sviluppo delle storie, è inevitabile essere conquistati da quest'opera sincera e dal sapore veritiero. Straordinaria anche la sceneggiatura, perchè lega magistralmente storie, che nei racconti di Carver non hanno niente in comune.

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