Più di tre lustri dopo il trionfale Irish Tour, a seguito di una sostanziosa manciata di LP fedeli al verbo blues rock con qualche sfizio jazz (Calling Card) o hard più masticabile ed infine meno incisivo (Top Priority), Rory Gallagher, irlandese col cuore nel Delta del Mississippi, incide le ultime note della sua carriera, stroncata di lì a poco da una morte prematura ma tristemente prevedibile.

Siamo all'inizio dei '90, qualche anno prima l'heavy metal che ha fatto vibrare le colonne del music business, ed i primi segni della scena alternativa/grunge si fanno evidenti. Gallagher, seguendo il suo ormai noto percorso slegato dalle regole del mercato, decide di  tornare ad un classico e sanguigno blues rock. Nulla di nuovo, nulla di sorprendente, questo "Fresh Evidence".

Perchè, allora, preferirlo ad altri simili? Perché, tranne la prima anonima traccia, l'hard un po' grossolano degli anni precedenti è stato accantonato; perché un pezzo come "King Of Zydeco" possiede un groove particolare; perché c'è "Heaven's Gate" con il suo andamento solido e graffiante; perchè l'esecuzione è impeccabile e la voce regala ancora diverse soddisfazioni. Soprattutto, perché la chitarra ha ancora grande personalità ed il songwriting è più che dignitoso, senza troppe pretese.

Un'opera da accostare al contemporaneo e potente "Let Me In" di Johnny Winter, ovvero quando il passato ritorna con classe e grinta. Entrambi sottovalutati e meritevoli di riesumazione.

3,5

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