Gli Ottanta hanno rappresentato per moltissimi artisti popolari tra i Sessanta e Settanta un autentico "punto di non ritorno", anche e soprattutto per via dell'esplosione di generi tra loro anche molto diversi come il Punk, l'Heavy Metal di Iron Maiden e soci, la Disco Music, il Pop e la New Wave tanto per menzionare i generi più voga al tempo.

La carriera di Rory Gallagher non fa eccezione anch'essa: dopo il periodo Hard Rock della seconda metà dei Settanta, conclusosi con "Stage Struck" del 1980, per il poliedrico irlandese inizia un periodo difficile nel quale i suoi problemi di alcoolismo cominciano ad emergere in modo sempre più evidente, ma ciononostante la sua produzione musicale fedelissima al proprio credo Rock/Blues continua con un altro ottimo album edito nel 1982 in Germania assieme all'immancabile Gerry McAvoy al basso, al batterista Brendan O'Neill, subentrante a Ted McKenna, e con il supporto di Bob Andrews alle tastiere e di Dick Perry (ex-Pink Floyd) al sax con Ray Beavis e che porta l'inequivocabile nome di Jinx.

Titolo inequivocabile questo (tradotto dall'inglese come "incantesimo" o come "sortilegio", "maleficio"), perché è da qui che l'eccellente Rory inizia ad interrogarsi sulla propria vita da autentica anti-Star del Rock e sui suoi problemi personali che egli sublima, soprattutto, in due ballate Rock/Blues magistrali che costituiscono probabilmente il nucleo del platter del disco: "Easy Come, Easy Go" e "Jinxed".

La prima mette in evidenza le fin troppo sottovalutate doti canore e di songwriter dell'artista, come si evince da alcuni versi del testo (tradotti dall'ottimo Fabio Rossi):

"Dalle vittorie facili e sconfitte facili, ora non sei più così spensierato. [...] / "Un tempo era facile vincere, facile perdere, ultimamente senti solo note tristi. [...] / "Chiuso dentro te stesso, devi venire fuori subito. Forza, prova di nuovo e sentirai una melodia diversa."

La seconda è un'altra favolosa composizione Rock/Blues sulla quale si staglia un altro dolente racconto di Rory circa la sua condizione alla perenne ricerca di se stesso tra amori finiti male e disavventure varie, come in una sorta di "malocchio" (ossia il famoso Jinx), una sorta di "cono d'ombra" dal quale egli non riesce ad uscirne.

Sulla stessa falsariga sembra porsi anche "Signals", altra ottima prova Rock/Blues, mentre lo spazio per dell'Hard Rock venato di Rock 'N' Roll viene dedicato a pezzi come "The Devil Made Me Do It", dedicata a Buddy Holly ed Eddie Cochrane, due degli idoli Rock 'N' Roll amati da Rory, "Big Guns" con qualche sonorità che, specie nei riff, sembra strizzare l'occhio alle linee melodiche persino dei "Sex Pistols" e dalla muscolare "Bourbon" in cui emerge la sua passione (spesso smodata) per il caro vecchio whiskey (o in American English bourbon, per l'appunto).

Con "Double Vision" ritorna prepotente l'uso della celebre "slide guitar" suonata qui alla maniera di Muddy Waters (altro idolo indiscusso dell'artista irlandese), così come in "Ride On Red, Ride On", pezzo scritto in realtà dal bluesman Iverson Minter in arte Louisiana Red a sfondo smaccatamente anti-razzista.

"Loose Talk", pezzo nel quale Rory critica in modo non troppo velato il processo di manipolazione degli artisti presenti in una certa casa discografica, chiude in maniera assai degna un altro ottimo album nel quale Rory mostra ancor di più la voglia di fare musica vera e, soprattutto, "suonata" in barba alla modernità del tempo rappresentata da "musica di plastica" o peggio ancora da easy listening che egli stesso nella sua vita ha costantemente evitato come la peste.

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