'Grace Under Pressure' rappresenta la seconda tappa della “svolta elettronica” dei Rush, intervenuta a partire dal 1982 con la pubblicazione di 'Signals', in netta discontinuità rispetto al vigoroso rock progressivo suonato dal terzetto di Toronto dal loro esordio discografico (Rush: ’74) al capolavoro Moving Pictures (’81).

Prodotto da Peter Henderson (già con i Supertramp), in sostituzione del veterano Terry Brown, non in più in linea con le scelte musicali del gruppo, 'Grace Under Pressure' segna un’ennesima tappa evolutiva nel sound dei Rush, con un più deciso uso dei sintetizzatori da parte di Lee, a discapito delle chitarre di Lifeson, destinate a fornire la tessitura ritmica dei singoli pezzi con relativo contenimento degli spazi solistici, ed un ricorso crescente, da parte di Peart, alle percussioni elettroniche.

Accolto tiepidamente dai fans di vecchia data, benché premiato da vendite significative soprattutto in Canada e negli USA, 'Grace Under Pressure' risulta a tutt’oggi una delle più convincenti prove dei Rush durante gli anni ’ 80: tratto tipico dell’ album è la freddezza della società moderna, l’individualismo esasperato degli individui che la compongono, non più mitizzato in chiave epica ed antagonistica come in '2112', ma vissuto come dramma e svuotamento, presagio di un imminente fine del mondo. L’idea di freddezza viene confermata dalla copertina dell’album e dagli arrangiamenti dei singoli pezzi, in cui l’elettronica, anziché limitarsi ad arricchire le canzoni – come avvenuto in 'Signals', in continuità con il prog rock delle origini – è utilizzata per rendere concreta l’idea di automazione, di ripetitività e di alienazione dell’individuo. L’album inizia con uno dei classici del gruppo, Distant Early Warning, dove la chitarra di Lifeson, effettata, crea una turbinosa ritmica in linea con il tradizionale sound del gruppo, immersa nell’ambient creato dalle tastiere di Lee. La successiva Afterimage, dedicata ad un amico improvvisamente scomparso, vede ancora in evidenza chitarra e tastiere, che contribuiscono a creare melodie dal sapore nostalgico, ben evidente anche nel cantato.

Red Sector A è un ulteriore caposaldo del gruppo, contraddistinta da un testo in cui si fa espresso riferimento ad un’ apocalisse prossima ventura e ad un futuro di desolazione e da un efficace accompagnamento, in cui sono in primo piano i sintetizzatori. The Enemy Within, parte della suite Fear, realizzata a tappe successive in vari album del gruppo, rappresenta, con eccellenti risultati, l’ennesima incursione dei Rush nel reggae rock alla Police, sulla scia di Vital Signs, Digital Man e New World Man contenute in 'Moving Picture' e 'Signals'. The Body Electric, con chiari riferimenti ad una dimensione fantascientifica, si distingue per l’andamento sincopato e per il lavoro delle percussioni elettroniche, oltre che per il cantato dolente di Lee. Kid Gloves rappresenta, sul versante prettamente musicale, la traccia più solare dell’album: si tratta di un brano rock, fondato su un eccellente riff di chitarra, dal ritornello incalzante.

Più raccolte e notturne sono invece le ultime tracce dell’album: Red Lenses sembra quasi un funk robotico in forza dell’interplay fra basso e batteria, sul quale si imposta con efficacia la voce di Lee, lontana dagli storici acuti ma particolarmente espressiva. Between the Wheels è uno dei vertici musicali dell’album, grazie all’interazione di tastiere e chitarre, ben evidente nello svolgimento del tema principale del pezzo, e conclude l’album con un ulteriore dose di malinconia.

Un album non banale per l’epoca in cui uscì, di poco inferiore ai grandi capolavori dei Rush degli anni ’70, anche se meno esplosivo sotto il profilo tecnico esecutivo.

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