Mi sono interessato ad "Unknown City" dopo un primo ascolto fugace l'estate scorsa. In una giornata di mare, in cuffia. Per la sua natura oscura l'ascolto mi sembrò un ottimo contraltare al caldo e alla noia da spiaggia: un magma sonoro ibrido, una trasmutazione contemporanea di un industrial wave multiforme. Durante gli ascolti successivi però è stato come se la potenza suggestiva del primo sfumasse: il monolite sonoro che mi aveva spiazzato positivamente in un primo momento si è appannato col tempo; in parallelo si sono rivelate però maggiori sottotracce della produzione, utili per comprendere al meglio un disco che nonostante una certa monotonia e prevedibilità di arrangiamento, risulta tutto sommato ben impacchettato.
L'elaborazione dell'estetica sonora dell'intera opera viene filtrata attraverso una chiave dub in senso ampio: la dilatazione ambientale ricca di delay ed echi tende a costruire il pattern a cui forse il titolo dell'album fa riferimento, una città sconosciuta, intesa nella sua accezione distopica e quasi astratta. Purtroppo ciò che manca è un collante che tenga in piedi la baracca nei momenti più delicati: in alcuni punti è come se certe soluzioni possano apparire troppo facili, trovando esattamente ciò che ci si può aspettare. Va comunque sottolineato come questo lavoro sia ispirato al libro "The City and the City" di China Miéville, il che va decisamente ad appannaggio dei SabaSaba che sono riusciti in questo seconda uscita a costruire comunque un tassello interessante nel loro percorso, che va di buon senso ad inserirsi in quel filone descritto come psichedelia occulta italiana.
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