Secondo lavoro in studio per uno dei gruppi più interessanti del genere, e di certo quello più rappresentativo ed insieme originale della Calabria Citeriore. Prodotto che, pur arrivando ad un anno scarso dal precedente album d'esordio, rappresenta numerose e gustose novità, a cominciare dal genere musicale più eterogeneo, alla massiccia presenza di brani originali ed ad una qualità sonora migliorata rispetto al pur buono "Margiu Profumatu", dove, a mio modesto avviso, si sentiva molto l'assenza della batteria in brani diventati ormai dei marchi di fabbrica del gruppo nei coinvolgentissimi concerti dal vivo.

L'album parte subito, introdotto dal famoso comico/pensatore cosentino Totonno Chiappetta, con un brano molto celebre del "finto quartetto", "Parole e Gramigna", uscito anche come singolo e del quale è stato girato anche un videoclip nella suggestiva cornice del centro storico di Cosenza.

Si prosegue tra canzoni dalle sonorità popolari, che abbracciano tutto il meridione d'Italia ("Senza Core" vagamente sicilieggiante nelle musiche, "Alle Messi" ripresa dalla tradizione canora salentina, "Poporiturnella" geniale amalgama di due canzoni talmente note ed antiche da non avere un autore definito), il suono è molto caldo e coinvolgente, gli strumenti melodici (flauto e mandolino, e in minore misura la chitarra battente) si sposano a meraviglia con un ottima sezione ritmica in cui un signor basso è coadiuvato più dai famosi tamburelli di Roberto Bozzo e dalle percussioni di Arcangelo Pagliaro, che dalla batteria di quest'ultimo.

Sapiente è poi l'intuizione di affidare di volta in volta la parte cantata alla voce più adatta al pezzo in questione, avendo il gruppo un vasto ventaglio di voci molto differenti fra loro. Cantano praticamente tutti, il che non può che essere un grande vantaggio in un gruppo come questo.

Il disco fila via che è una meraviglia, si passa dalle tarantelle vere e proprie, a ballate più intimiste in cui spiccano le suadenti chitarre, accompagnate da testi molto efficaci che invitano alla riflessione. I punti più alti si toccano, oltre che nelle già citate canzoni, nel "Valzer da Vrigogna", pezzo molto amaro sull'eterna situazione degradata e degradante presente nella regione e in quelle limitrofe. Chiude il disco un omaggio al poeta calabrese Vittorio Butera, nel quale alcune sue poesie vengono lette da componenti della band e non su tema strumentale originale.

In complessiva un album molto interessante e gradevole, da ascoltare avendo poi cura di consolidarlo appena possibile con uno dei numerosi live della band, laddove l'alchimia dei sette componenti raggiunge l'apice in un'atmosfera difficile da descrivere a parole su di un mezzo così freddo come questo. Provare per credere!

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