Preziosa gemma del mio personale cassetto di appassionato della musica rock, Saga è banda assai famosa e conosciuta in Germania, in Svizzera, in Portorico (!) oltrechè nel loro paese di provenienza, il Canada. Per tutto il resto del mondo, compresi quindi Stati Uniti Inghilterra e Italia i mercati a noi di riferimento, il gruppo rappresenta invece la quintessenza del cult, con tanto di inevitabili, sparuti ma tosti manipoli di fedelissimi sparsi qua e là, affettuosamente riconoscenti per le tonnellate di buona musica generosamente ed ostinatamente elargita dai loro idoli e morbosamente legati da un rapporto di vera ammirazione.

La loro sterminata discografia (quasi trenta album) ha inizio con questo lavoro del 1978 che inaugura la prima fase di carriera, quella in cui la componente progressive è in maggiore evidenza, tal che sembra di sentire in azione una formazione britannica più che americana (il Canada d'altronde ha sempre rappresentato un ponte culturale fra Inghilterra e USA): le tastiere soverchiano le chitarre, virtuose fughe di sintetizzatore vanno ad allungare oltre la norma un paio di brani o tre, una tenue aria elisabettiana pervade le melodie più distese ed evocative.

Il quintetto vede già al loro posto i due fratelli Chricton, ancor oggi asse portante del progetto Saga. Il lavoro alla chitarra del più giovane Ian è già più che buono, ma non ancora massimamente spumeggiante e strapotente come di lì a qualche album: i Saga sono a mio giudizio, fra i gruppi rock, quelli con la chitarra missata a volume più alto (insieme forse ai Van Halen)... ma la cosa è maturata col tempo, non da subito, non da quest'album. L'altro Chricton, a nome Jim e bassista, terzo tastierista (!) nonché futuro produttore dei Saga a partire dall'ottavo album, è musicista senz'altro meno appariscente, però indispensabile polo compositivo, tecnico e fonico del suono della band.

Dietro tamburi e piatti siede già il batterista storico, il mancino Steve Negus, vero mito fra le macchine ritmiche dai natali canadesi: lascerà definitivamente i compagni nel 2003 dopo una miriade di dischi insieme. Il primo tastierista invece si chiama Peter Rochon e questa è l'unica sua apparizione con i Saga: preferirà la carriera manageriale, sempre in campo musicale.

Quinto ed ultimo elemento, anch'esso storico (ha lasciato un paio d'anni fa e l'ultimissimo album, uscito nel 2009, ci fa ascoltare i Saga per la prima volta con una diversa voce solista) è il frontman Michael Sadler, cantante e secondo tastierista. Le sue origini gallesi inevitabilmente vanno ad intensificare il retrogusto britannico delle musiche, specie in questi primi lavori, ancora lontani dall'essere fatti a fette dal chitarrone di Ian Chricton che, una volta cresciuto tremendamente di importanza ed efficacia, avvicinerà di molto il gruppo all'hard rock. La voce di Sadler è tutt'altro che memorabile, però più che buona e competente, ed il suo stile sia interpretativo che compositivo dà contributo decisivo alla personalità della band.

Alcune delle canzoni presenti in quest'esordio resteranno per sempre nelle scalette dei concerti, a cominciare dall'incipit "How Long", caratterizzata da un'invadente percussione elettronica che batte gli ottavi per tutto il tempo (credevo fosse un sequencer, poi li osservai eseguirla in concerto ed era il buon Negus a percuotere in tempo reale un pad con una delle bacchette, senza sosta e con massima precisione mentre con gli altri tre arti faceva funzionare il resto della batteria, per quasi tutti i cinque minuti del brano: pazzesco).

Secondo pezzo in scaletta e secondo classico del gruppo è "Humble Stance", un up-tempo con tutti gli strumenti che viaggiano in staccato, ma che nella parte centrale raddoppia le battute per divenire un focoso strumentale, pirotecnico e trascinante, con il chitarrista e il sintetista che si scambiano senza tregua gli assoli.

Ultima segnalazione "The Perfectionist", la melodia migliore del lotto, europea sino al midollo, con deliziosa ed emotiva fanfara di sintetizzatore e un bel cantato dell'ispirato Sadler: meno "storica" a livello di esibizioni live, ma soltanto perché meno adatta essendo una semi-ballata.

A presto con il seguito della discografia.

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