Mmmh… sensazioni di parziale contrarietà accompagnano l’ascolto di questo diciannovesimo lavoro dei canadesi Saga datato 2009, l’unico senza il contributo del frontman storico Michael Sadler che s’era allora preso un paio d’anni sabbatici per dedicarsi alla famiglia. A detta sua sarebbe dovuto essere un vero e proprio ritiro dalle scene… fortunatamente ci ha ripensato, col risultato che sono già usciti un altro paio di dischi, ventesimo e ventunesimo, con l’ottimo Michael di nuovo saldamente al suo posto dietro al microfono, nonché a martellare qualche tastiera ogni tanto.
Il suo sostituto per l’occasione, il discretamente noto Rob Moratti proveniente da una band minore canadese, non sarebbe malaccio: la voce ce l’ha, sonora e potente, ma è poco mobile, non tanto espressiva, con zero ironia e dinamica e teatralità… un abisso distante insomma dalla magari meno densa e corposa ed estesa, ma infinitamente più artistica e comunicativa emissione del veterano Sadler; così ferma e poco duttile, detta voce ricorda tanto quella di James LaBrie dei Dream Theater, contribuendo a trascinare la musica dei Saga verso una deriva Progressive Metal tecnicistica e fredda dalla quale si erano mantenuti sempre a debita distanza, malgrado le copiose capacità virtuosistiche di almeno tre dei componenti il quintetto (chitarrista, tastierista e batterista).
Esplicativa a riguardo è la traccia eponima d’esordio, un quasi strumentale (Moratti vi canta qua e là soltanto una singola frase di cinque parole cinque) che serve al gruppo per compiere una muscolare e parossistica corsa all’unisono su e giù per le tastiere degli strumenti, alla maniera spettacolare ma gratuita e stucchevole dei Petrucci e dei Rudess. Il disappunto si stempera solo in parte all’arrivo del secondo contributo “Step Inside”, appesantito da riffoni heavy metal non consoni all’eleganza e swingatezza dei Saga, ma se non altro con una bella e rotonda melodia di ritornello.
Il meglio dell’album sta nella traccia numero cinque “A Number With A Name” il cui approccio provoca un piccolo sobbalzo al cuore degli aficionados del Progressive, in virtù di un contrappunto chitarra/pianoforte elettrici dal fortissimo aroma Gentle Giant. L’incastro ritmico percorre le strofe e ciclicamente riesce a dare un respiro geniale e piacevole alla canzone. Tracce di Gentle Giant, seppure più sfumate, stanno anche nel pezzo di chiusura “You Look Good To Me”, sia per il riff di chitarra che ricorda un episodio di “The Power And The Glory”, vecchio discone del sestetto britannico, sia per il finale al piano elettrico del sempre brillante tastierista Jim Gilmour.
Disco appena sufficiente a mio parere… beninteso per gli standard stratosferici dei Saga! Sempre a mio vedere.
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