Sono uno dei tanti laureati alla ricerca di un posto di lavoro per iniziare la sua carriera con l'impeto proprio di un giovane animo forzatamente romantico. Romantico perché sono stupidamente innocente e credo ancora in una utopia chiamata meritocrazia. Forzatamente perché non sono stupido e so che senza amicizie sarà molto dura e che molto probabilmente con quel pezzo di carta incorniciato con tanto di "con il segno distintivo della lode" mi ci potrò riscaldare d'inverno quando farà freddo e non riuscirò a tirare avanti tenendo acceso il riscaldamento. Per questo motivo devo aggrapparmi a qualcosa chiamato speranza.

Anche oggi agenzie interinali. Successivamente una capatina presso diverse aziende per lasciare, rigorosamente a mano, il mio curriculum vitae. Adesso sono in attesa di sapere se interesso a qualcuno almeno per un breve colloquio. Studio un po' di inglese e qualche materia che reputo possa far bene al mio futuro. Posso però anche vagare per la città e spendere parte di quello che ho guadagnato durante le vacanze di Natale passate a lavorare. Capita così di arrivare in prossimità di un negozietto piccolo, piccolo che tra i suoi 66 scaffali vende file di 6 cd infarciti di demoniaco e suadente suono metallico. Poco importa se il metal non è tutto satanico: siamo tutti dei pecoroni che credono negli stereotipi e parlano, magari anche con impeto, per fottuto e irritante sentito dire. Saluto così il gestore Marco alias il Caronte del negozio: colui che con la sua mercanzia traghetta me ed i restanti dannati nelle infuocate e perigrose braccia di quello che viene sussurrato con paura, sospetto e pericolante accento inglese come: "evi(l) metal"! Scorro con sguardo interessato i prodotti esposti.

La copertina è bella con quei colori scuri, ma non è originale. Mi vengono in mente i Running Wild (Death Or Glory), i Symphony X (Odyssey), i Sonata Arctica (Reckoning Night) e chissà quante altre band che hanno usato l'immagine di un vascello sul mare. Il titolo della band mette in mostra la banale antitesi Saint Deamon. Il bene contro il male e bla bla bla: un giochetto che definire solo abusato equivale a spalamare un paio di quintalate di purissimo eufemismo su un toast vecchio di un paio di giorni. Insomma, i presupposti per andare oltre c'erano tutti ma a quale punto Caronte con sguardo affabile si avvicina e mi invita ad ascoltare il disco. Mica stupido sto obeso Diavolo mi dico. In effetti conosce bene i suoi polli perchè dopo qualche giorno di digestione, o assimilazione che dir si voglia, ora voi leggete quanto segue.

Ringraziatelo perché potreste divertirvi se riuscirò ad attirare la vostra attenzione in direzione della scia del vascello del Capitano S. Deamon (è un concept album). Jan-Thore Grefsatd è un singer di grandissimo livello che riesce a ripercorrere le orme di Lande e canta con la giusta aggressività, potenza e passione ogni traccia a seconda della situazione melodica. Il secondo elemento portante della band è rappresentato dal batterista Ronny Milianowicz che ha avuto il merito di scrivere brani vari, scostandosi dal power neoclassico e puntando sulla linea melanconica-orchestrale. Lo stesso cd è diviso tra una prima parte aggressiva e permeata dalle sonorità grigie e senza speranza che può essere racchiusa nelle grandiose e sinistre melodie di "My Judas" e soprattutto nella sinfonica title track. Dopo una parentesi più convenzionale con un ottimo singolo passionale rappresentato dal grido straziante ("In My Heart") e una traccia halfordiana si cambia passo. Non nel senso di un sensibile aumento del ritmo, ma di una maggiore diversificazione nei brani. A tratti si espletano parti teatrali ("No Man's Land"), ma subito dopo si è al cospetto dell'ottusità ottantina di "Ride Forever". C'è tempo per cavalcate esaltanti come "Black Symphony" e l'altalenante "Deamons" dotata di un coro capace di farci scattare in piedi per cantare a squarciagola. Ma cazzo, mi sto riducendo a fare un track by track e quindi finisco qui dicendo che nel finale c'è anche una ballad ed altra carne al fuoco meritevole di essere azzannata dalle nostre orecchie avide di buona musica.

Il power sta cambiando. I richiami al passato ci sono (e non sarò io a svelarveli per rovinarvi la caccia al "sounds like"), ma si intravede anche qualcosa di diverso rispetto alla mera ricerca del coretto giusto e dell'assolo della vita.

In "Shadows Lost From The Brave" è un debut album di grande livello non solo per l'atmosfera cupa che lo permea, ma soprattutto per il songwriting estremamente curato che porta alla mente l'esordio Masterplan anche in considerazione del fuoriclasse dietro al microfono.

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