Il giovane "Sampha Sisay" (età ignota, si pensa tra i 27/28 anni), già sotto l'ala protettrice di artisti di rilievo in tutto il mondo, ha debuttato con il suo primo progetto, che travagliato è dire poco. Appena prima dell'uscita (prevista per il mese di Luglio) ha deciso di ripensarci, come insoddisfatto del lavoro compiuto, raggiungendo un livello di perfezionismo maniacale. Effettivamente, ascoltando il disco, si nota la cura del suono in ogni minimo dettaglio. Un susseguirsi di incastri armonici, cori, strutture elettroniche costruite su spartiti di piano, incorniciano alla perfezione la morbida voce di Sampha. Minimi ritocchi, che formano un tappeto sonoro di "chirurgica perfezione", che formano un intero disco. L'Hip-Hop è protagonista, ma non c'è rap. È un'evoluzione del soul, una modernizazzione del genere con l'aiuto dell'elettronica.
Piano e atmosfere liquide sono "la base" di un album che definisco senza problemi "capolavoro". Un mosaico variopinto di percussioni, strumenti a fiato, suoni elettronici e d'ambiente che compone uno dei lavori più promettenti degli ultimi 5/10 anni, un lavoro che non punta alle classifiche e sopratutto che non vuole piacere a tutti, ideato più per l'artista che per il pubblico.
Non ci vuole un genio musicale per capire di avere tra le mani un disco di altissimo livello, testi e sound ricercatissimi.
Colpisce parecchio la brutale sincerità con la quale Sampha parla della madre morta di cancro, della difficoltà a riconciliarsi con il fratello e di come, guardandosi allo specchio, si veda falso, finto.
Tutto è in perfetto equilibrio sulle splendide impalcature melodiche del disco, tutto è perfetto, talmente perfetto da non sembrare umano.

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