Normalmente non amo i greatest hits, i cosiddetti "the best of", poiché di solito sono aride operazioni di marketing il cui scopo è quello di vendere più copie possibile, non certo di promuovere un artista per farlo conoscere a chi lo ignora, né per deliziare il fan affezionato, in quanto i brani inseriti non sono mai effettivamente i migliori e degni di nota, specie riguardo a musicisti di consolidata fama e bravura caduti nella trappola della musichetta usa e getta a mero scopo di lucro.
Mi sento in dovere, tuttavia, di fare un eccezione per questa splendida raccolta, il cui titolo è assai appropriato; in effetti, questo disco è semplicemente da ascoltare e ascoltare per poter introdursi nel malinconico e tormentato mondo di Sandy Denny, cantautrice inglese degli anni '60 e '70, di indiscutibile prestigio ed estrema sensibilità. Ci addentriamo, quindi, in 17 canzoni una più bella e coinvolgente dell'altra, che rispecchiano fedelmente cosa è stato per il folk britannico questo carismatico angelo caduto, troppo dedito agli eccessi come alcol e fumo e con una patologica paura da palcoscenico.
Canzoni di toccante e struggente poesia, fortemente influenzate dalla musica classica, la cui architettura è molto più complessa di quanto si possa immaginare e il suono tutt'altro che vecchio e superato. Tutti i brani sono arricchiti da ottimi arrangiamenti, dove la celestiale voce di Sandy, spesso sostenuta da un pianoforte e una sezione archi e ritmica straordinari ed incisivi, rapisce l'ascoltatore in un sogno romantico e commovente. Album, pertanto, di sicuro effetto su chi ama un genere di cantautorato folk raffinato e per palati esigenti, che non esalta solo la voce e i testi ma dà anche molto spazio alla parte strumentale, in questo caso, determinante.
Sandy Denny iniziò la sua carriera dapprima da solista, accompagnandosi con la chitarra acustica, nei folk clubs; poi collaborò con i The Strawbs, dove il suo talento e la sua voglia di distinguersi venivano soffocati da un folk troppo pop e all'acqua di rose. In seguito si unì ai Fairport, dando vita a una sorta di Jefferson Airplane britannici, il cui produttore manager, Joe Boyd, era lo stesso di Nick Drake. La carriera di Sandy cominciò a decollare ma solo dopo poco tempo lasciò i Fairport per fondare un suo gruppo, i Fotheringay, col marito Trevor Lucas, pubblicando un solo album. Ritornò, infine, a cantare da solista, pubblicando l'ottimo album "The North Star Grassman And The Ravens", il suo più grande successo. Sandy Denny, pur essendo un artista eccezionale e molto apprezzata nell'ambiente artistico musicale dell'epoca, non toccò mai alti livelli commerciali e di notorietà; forse troppo brava, troppo complicata, dall'esistenza turbolenta, in contrasto con la sua voce soave e rassicurante. Degna di menzione è la sua partecipazione in "Led Zeppelin IV", in coppia con Robert Plant nella magnifica "The Battle of Evermore".
Sandy morì nel 1978, a soli 31 anni, per emorragia cerebrale in seguito a un trauma cranico dovuto a una caduta, ma le sue condizioni di salute erano già compromesse dall'alcool e da una vita privata irrequieta.
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