L’album ‘Festival’ arriva nei negozi dopo il successo planetario dei singoli ‘Europa’ e ‘Let It Shine’, che ha convinto Carlos Santana d’aver trovato il mood definitivo dopo il rock psico-latino delle origini ed il jazz rock-fusion della New Santana Band, prontamente licenziata alla ricerca di un dignitoso crossover con il pop da classifica americana. ‘Amigos’ ha appena premiato con decisione l’atterraggio della band su una forma sofisticata e rassicurante di mainstream latin-rock / R’n’B, decretando lo stop agli eccessi ed alle divagazioni strumentali di ‘Lotus’ (ed in alcune parti anche di ‘Borboletta’) e riportando tutto essenzialmente alla forma canzone: niente più interludi ‘atmosferici’, assoli etnico-world di percussioni ed effetti ambientali, solamente una grande libertà concessa alla chitarra del leader nelle parti soliste – sempre piene di wah-wah e sustain – e per il resto un approccio ‘morbido’ alla composizione, voci suadenti e basso funky.

Per quello che sarà l’ultimo album obiettivamente degno del nome Santana, il leader ha però l’ultimo guizzo nostalgico (o pudore che dir si voglia) di riesumare e riservare la chiave latino-carioca all’apertura e chiusura dell’album e comunque di mantenere un feel molto latino in tutte le composizioni, a differenza delle successive produzioni, che saranno nettamente dedicate ad un american rock plastificato tanto anonimo e fastidioso, quanto remunerativo. Non sarà più dato di trovare in un disco dei Santana uno strumentale con il pathos e la drammaticità di ‘Revelations’, perla incontrastata di questo eterogeneo album, né l’azzeccata fusione latin-rock della sequenza iniziale ‘Carnaval / Let The Children Play / Jugando’, sovente replicata dal vivo negli anni a venire, nè tantomeno un brano come 'Maria Caracoles', produzione minore ma indicativa dei gusti del leader in questa seconda metà degli anni Settanta.

Chiave del nuovo corso stilistico (replicato solamente nelle parti inedite in studio dell’ottimo ‘Moonflower’) è il tastierista Tom Coster, un romantico molto tecnico ed assai padrone delle possibilità espressive dello strumento, la cui defezione non a caso coinciderà con la produzione del pessimo ‘Inner Secrets’, l’inizio del baratro da cui i Santana non si riprenderanno più (almeno in studio). I futuri ‘Marathon’, ‘Zebop’, Shango’ e via via fino al multimilionario ‘Supernatural’, comprenderanno infatti qualche spunto obiettivamente interessante ma il complesso dei brani sarà sempre assolutamente indegno di una band gloriosa e storica, e per quanto mi riguarda la discografia si può chiudere senz’altro con questo soddisfacente ‘Festival’ e con il successivo montaggio studio/live di ‘Moonflower’, non il canto del cigno che ci si poteva attendere ma due albums ancora onesti e godibili.

Oltre al capolavoro ‘Revelations’, ben costruito su un atipico (per Santana) crescendo di bolero con effetto di grande drammaticità, la critica noterà in questo ‘Feastival’ la suadente ballad ‘The River’ ed una serie di spunti funky-latini molto ben suonati (‘Reach Up’, ‘Let The Music Set You Free’, Try A Little Harder’) che rendono comunque riconoscibile per l’ultima volta la paternità della musica, prima che le collaborazioni con Russ Ballard e le produzioni francamente troppo AOR azzerino completamente le caratteristiche tipiche del gruppo Santana (inclusa la sontuosa sezione percussiva). È questo l’ultimo disco in cui si possono sentire i leggendari percussionisti chiamarsi tra loro durante gli assoli ed i fischietti subito prima delle partenze hendrixiane di Carlos, anche se la batteria comincia qui essere seppellita sotto le slappate del basso e le voci ad avere il sopravvento sugli strumenti.

I bootleg del tour di ‘Festival’ raccontano di un set molto soddisfacente, come le sezioni concertistiche di ’Moonflower’ stanno a testimoniare, e soprattutto di una ‘Revelations’ lunga ed appassionante che non è riuscita a riemergere neppure nella successiva compilation di inediti ‘Viva Santana’ (dove c’è la migliore versione di ‘Europa’ mai registrata, Japan 1979). Se Carlos vorrà inaugurare la propria serie di amarcord concertistici, come molti hanno preso a fare dopo i Grateful Dead, spero sinceramente che questo tour venga preso in debita considerazione, a completamento degli eccezionali scampoli pubblicati su ‘Moonflower’.

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