Correva l'anno 1993 quando l'embrione Satyricon cominciò a prendere forma, uscendo dall'underground, con un opera destinata a rimanere negli annali del metal estremo: il malvagio "Dark Medieval Times". Un disco che univa un feeling putrido, oscuro e mediovale al classico black metal norvegese che appena due anni prima aveva trovato la sua catarsi con il seminale "A blaze in the northern sky" dei Darkthrone.

Appena un anno dopo, il duo infernale Satyr e Frost tornò a far davvero male con l'epico "The Shadowthrone", disco che riprendeva le idee del precedente lavoro rielaborandole ed enfatizzando la vena epica che lo aveva caratterizzato, ma senza perdere un briciolo della malvagità che liaveva resi noti. Fu quando il nome Satyricon cominciò a circolare un pò sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori (recensori etc.) e dei fanatici dell'allora floridissimo movimento True Norwegian Black Metal, che arrivò il disco della consacrazione definitiva.

Era il 1996 quando la malvagità, l'odio e la violenza più pura ed incontaminata decisero di trasfigurarsi in musica e di darsi il nome "Nemesis Divina" (in italiano "Vendetta Divina"). In quell'anno, il duo più indemoniato del momento, scrisse una pagina di un importanza abissale nella storia non solo del Black ma dell'intera Bibbia del Sacro Metallo.

Una cascata d'odio misantropo senza compromessi, perpetrata nelle 7 tracce dell'album a partire dall'impressionante "The Dawn Of A New Age", senz'altro una delle loro migliori composizioni di sempre. Bastano appena 30/40secondi di questa traccia per rendersi effettivamente conto che Il Male ha deciso di giocare con la musica: uno stacchetto emblematico di tastiera e allora lì Satyr "vi augura un buon ascolto" con le parole "This is armageddon", dopdichè, neanche un secondo e i blast beat e la doppia cassa apocalittica e sparata a velocità folle dell'incredibile Frost trascinano l'ascoltatore direttamente nelle bolgie più nere dell'Inferno, come un vortice impetuoso.

Segue la maestosa "Forhekseth", song dall'incedere marziale e con delle sfuriate di puro metallo nero old-style che superano addirittura i picchi della precedente canzone. Sopravvissuti alla violenza delle prime due songs, ci si trova davanti al vero capolavoro del disco: la sensazionale "Mother North", una delle più grandi canzoni del metallo nero nonchè monumento dell'orgoglio pagano e dell'odio verso i cristiani (per ulteriori informazioni leggere il bellissimo testo). Il resto del disco si mantiene su livelli grandiosi per tutta la sua durata, come dimenticare la coinvolgente "Immortality Passion" o anche la bastardissima title-track.

Le note della conclusiva strumentale ci avvisano che l'Apocalisse sta quasi per finire...

 

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