Pubblicato per la Drag City (ricordata anche per la leggendaria gavetta d'assestamento dei Pavement) ormai diverse settimane orsono, il nuovo seminato della songwriter e polistrumentista inglese comincia la sua prolifica fioritura critica.

Registrato ancora una volta da Steve Albini, è un lavoro in parte difficile, tuttavia a presa diretta. Colpiscono immediatamente, infatti, strutture e arrangiamenti scarni, più enigmatici che nel precedente "This Fool Can Die Now", e il peculiare cantato, talvolta quasi recitato, che ora più che mai rimandano per certi versi al lato più oscuro - saturato in maniera quasi "caricaturale" - di Lisa Germano ("I.B.D.") e per altri all'ira, all'impeto rock 'n' roll di "Rid of Me" ("Calcination", "Kings").

Sono undici indomabili e primordiali danze macabre sulle note di blues psicolabili e depauperati ad libitum, orientati a stento dalla prominenza delle percussioni - tipica nei lavori curati dalla mano di Albini, ma ancora più accentuata nel nostro contesto spolpo - e sceneggiati da sgraziati addobbi chitarristici come ad agghindare un vecchio e decadente albero di Natale nella follia scaturita da una persistente solitudine.

Ed è proprio questa delirante desolazione, generata da atmosfere tutt'altro che miti, a richiamare un altro crudo minimalismo del passato - il cui netto paragone in sé sarebbe decisamente azzardato, fuorviante e molto più forzato: la Niblett riduce all'osso le sue partiture e le propone in maniera quasi industriale, con una brutalità, sebbene molto meno irruente, rumorista ed ipnotica, bensì più melodica e strumentale, che rievoca vagamente un approccio smunto simile a quello intuìto dagli Swans oramai quasi trent'anni fa.

Nonostante la messa a punto del sound minimale e sebbene nel complesso si tratti di un lavoro più che buono, "The Calcination of Scout Niblett" pecca forse nell'essere nulla di nuovo da parte della lodevole polistrumentista (vedasi "Your Last Chariot", da "This Fool Can Die Now") e, fatta eccezione per alcuni brani destinati a divenire vette massime del repertorio niblettiano, probabilmente un passo indietro rispetto il suo predecessore.

Carico i commenti... con calma