Sedici anni sono tanti, specialmente in un mondo come quello del rock britannico, costellato di meteore da una stagione e via che non hanno lasciato il segno, o avrebbero potuto lasciarlo ma sono nate nel periodo sbagliato.

Della seconda categoria fanno parte gli Shed Seven: quattordici singoli nella top 40 britannica, tre album nella top ten, un cantante carismatico e dotato di ottima vocalità come Rick Witter ed uno dei migliori chitarristi della scena rock britannica, Paul Banks, non sono bastati a scavalcare l’ombra di giganti come Oasis, Suede e Blur.

Adesso, dopo sedici lunghi anni ed un lungo periodo di “riabilitazione” live (addirittura dal 2007), i cinque di York si sentono pronti per il grande ritorno e licenziano tramite BMG Rights Management questo nuovo “Instant Pleasures”, prodotto da un nome altisonante come Youth (ex Killing Joke già al lavoro con giganti come U2, Cult e Verve). E l’attesa ha davvero fatto bene a Witter e soci, perché ne è uscito fuori un disco bellissimo, forse il migliore dopo l’inarrivabile doppietta “A Maximum High”/”Let It Ride”.

E’ un disco fortemente legato alla tradizione britpop; classico, monolitico e incentrato sulle chitarre. Pochissime le concessioni a fascinazioni più à la page (“Enemies And Friends”), di contro tanta cura nel songwriting e nelle parti strumentali; in particolar modo la chitarra di Banks disegna traiettorie di inaspettata sostanza e ispirazione, come nel singolo e opener “Room In My House” (davvero un ritorno con le palle sul tavolo).

La tracklist scorre piacevole tra pezzi più sostenuti ed arricchiti dalle graffianti interpretazioni di Witter (“Nothing To Live Down”, la chiusura “Invincible” che sembra rubata ad un songbook di Richard Ashcroft) e ballad davvero stellari, calibrate ed ispirate anche se a volte un po’ lunghe (vedi alla voce “It’s No Easy”, bella idea di base che però si protrae un po’ troppo ripetitiva, nonostante l’ennesimo sforzo creativo di Banks, e la fulminante “Better Days”, a mani basse il miglior pezzo della band da anni).

Inutile cercare innovazione qui dentro, ma c’è davvero tanta ispirazione e creatività, tanto da sembrare quasi un disco d’esordio di una giovane band. Un grande ritorno sottotraccia tra i grandi ritorni di nome di quest’anno.

Decisamente la sorpresa di questo ultimo trimestre di musica britannica, sperando che si tratti del rilancio definitivo di una band fin troppo criminalmente sottovalutata.

Miglior brano: “Better Days”

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