Sheryl Crow: la giovane e sbarazzina country-rocker in erba di "All I Wanna Do", la dolce ragazza di "Strong Enough", la splendida interprete di "The First Cut Is The Deepest", la donna sexy e solare di "Soak Up The Sun", la stupenda femme fatale sui generis di "My Favorite Mistake"; semplicemente Sheryl Crow, un talento purissimo, un patrimonio della musica americana e non solo, la mia cantante preferita che dopo aver sconfitto un cancro al seno si ripresenta sulle scene nel 2008 con "Detours", il sesto album della sua splendida carriera: un album particolare, in cui le canzoni si susseguono senza pause, tra tematiche sociali e personali, grinta e dolcezza, rock graffiante, semplici e orecchiabili melodie country, suggestive armonie folk e schizzi di pop trascinante.

Il collante che unisce tutte le sfaccettature del caleidoscopio di "Detours" è sicuramente la voce di Sheryl Crow, che ancora una volta si dimostra un'interprete personalissima e unica nel suo genere, capace di una varietà timbrica e stilistica fuori dal comune, che sceglie come primo singolo il folk rock incalzante, dal piglio spiccatamente polemico, dal tono quasi declamato e tutt'altro che apprezzabile per un orecchio distratto di "Shine Over Babylon", che in "Gasoline" parla senza troppi peli sulla lingua di un tema complesso e articolato come la dipendenza dal petrolio con un testo di grande ironia e intelligenza, sullo sfondo di un graffiante blues rock e che in "God Bless This Mess" canta la difficile situazione della sua terra, gli Stati Uniti d'America in due meravigliosi minuti chitarra & voce intrisi di amara e disincantata dolcezza.

Ma "Detours" è un album spiccatamente autobiografico oltre che di protesta, Sheryl tra le note di queste canzoni si racconta in prima persona, con le liberatorie "Now That You're Gone" e "Love Is All There Is", caratterizzate da ritornelli orecchiabili di stampo prettamente crowiano, folk ballads lievi e agrodolci come "Detours" e "Drunk With The Thought Of You" o intense e sofferte, quasi aspre come "Diamond Ring" e "Make It All Go Away (Radiation Song)" e soprattutto "Lullaby For Wyatt", emozionata e struggente dedica al figlio adottivo. Come in ogni album di Sheryl, anche in questo non mancano canzoni dal piglio più orecchiabile e disimpegnato come "Peace Be Upon Us", intrisa di affascinanti armonie mediorientali e lo scanzonato country pop della trascinante "Out Of Our Heads" e della solare "Love Is Free".

"Detours" è un album che non si lascia apprezzare fin da subito ma cresce ascolto dopo ascolto; con la sua varietà stilistica e rappresenta l'ennesima prova del talento e della personalità di questa grande cantante dalle nostre parti grettamente ignorata o al massimo ricordata come "quella che stava insieme a Lance Armstrong", che volendo potrebbe "prostituirsi" ai canoni più beceri di MTV e vendere un numero di dischi di gran lunga più impressionante rispetto al suo comunque notevolissimo successo ma non l'ha mai fatto e mai lo farà; anche in futuro continuerà a regalarci perle come "Detours" per il semplice fatto che lei è Sheryl Crow, una vera donna, una vera artista, unica nel suo genere.

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