Prima che partisse Party Groove / Soul Clap, EP d'esordio dello storico duo hip-hop Showbiz & A.G., è spuntato uno spot pubblicitario con una serie di video di (t)rapper italiani attuali.
Lungi da me fare il boomer a ogni costo, ma credo che ci si debba porre qualche domanda: cosa è successo dal 1992, anno di pubblicazione del suddetto disco, a oggi? L'hip-hop e le sonorità urban stanno vivendo un momento di incredibile popolarità tra gli ascoltatori più giovani, ma a quale prezzo? In altri termini, dov'è finita l'essenza del genere, che già nel 1996 un certo DJ Shadow vedeva minacciata dall'avidità e dalla voglia smodata di fare soldi?
Difficile dare una risposta ai vari quesiti, tuttavia un aspetto mi pare innegabile: l'immediatezza, la spontaneità e, perché no, la piacevole ingenuità delle produzioni del passato sembra essersi un po' persa, sostituita da un sistema discografico che, in molti casi, o sforna personaggi realizzati con lo stampino oppure si gioca la carta della sperimentazione forzata e fuori luogo (vedi gli ultimi lavori di Travis Scott e Little Simz).
Non voglio perdermi in noiose disquisizioni, eppure la distanza che separa il debutto di Rodney Lemay e Andre Barnes da alcune uscite recenti (soprattutto italiane) è siderale.
In Party Groove / Soul Clap troverete tutto ciò che ci si può aspettare da un album realizzato tra la fine degli anni Ottanta e la metà del decennio successivo: basi potenti e minimali, costruite con un paio di campioni funk o jazz messi in loop su batterie toste, potenti, nervose; autocelebrazione, punchline, un'attitudine vera e stradaiola: in altre parole, il rap del "gigante" A.G.; e poi scratch, sample vocali, fotta a non finire, uniti alla voglia di omaggiare e aggiornare la tradizione musicale afroamericana.
Cinque i brani veri e propri, a cui si aggiungono una intro, una versione strumentale e un remix, per una durata complessiva di circa trenta minuti. Un EP promozionale insomma, semplice routine pubblicitaria penserà qualcuno. E invece siamo di fronte a un classico assoluto.
Eviterò di annoiarvi con un tedioso track-by-track, mi basta accennare al "just clap your hands to the beatbox" che anticipa la vagonata di funk e suoni ossessivi targata Showbiz, impreziosita dalle spacconate del suo socio Andre ("I done killed more suckers than a World War/And even more after a world tour/From state to state, sea to sea/On every continent, I'm a G-I-A-N-T". Mi riferisco ovviamente a "Soul Clap"). E il resto non è da meno, ad esempio "Diggin' in the Crates", dove i due passano il microfono ai compari Diamond D e Lord Finesse, il tutto condito da un beat con un bassone interstellare e una batteria che trasuda anni Settanta da tutti i pori.
Alcuni pezzi (le due versioni di "Party Groove" e la devastante "Catchin' Wreck") li ritroveremo in Runaway Slave, eccellente LP apparso pochi mesi dopo. Mancano all'appello il remix di una delle due tracce principali e la conclusiva "Giant in the Mental", un vero e proprio treno di rime che manderebbe a casa tanti sedicenti rapper ("Thoughts are faded, I made it, you hate it/The way I kept this, step to this and get assassinated/That's what you'll get, but I won't let/You get in my face cause you must be a space cadet". E niente, alla fine il track-by-track l'ho fatto).
Questo è Party Groove / Soul Clap, prendere o lasciare ("take some or leave some", direbbe James Brown), un lavoro dove non si discute dei massimi sistemi e si va dritti al sodo, un'istantanea di un genere in piena evoluzione che ad alcuni potrà sembrare vecchia, sbiadita, e che invece risulta ancora traboccante di colori e sensazioni.
Ecco, se proprio dovessi dire cosa manca ad alcune uscite hip-hop contemporanee, direi che manca l'anima, quel "keep it real" che un tempo veniva ripetuto in maniera ostinata, quasi fosse un mantra. Un'anima che, al contrario, è più che presente nello strepitoso EP di Showbiz & A.G..
Can I get a Soul Clap?
C'mon!
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