"Tarots and the North" (dodici scritti abbinati ciascuno ad un Arcano Maggiore di Luis Royo)
"IV. Justice"
"...scosceso è il cammino di Dike, trascinata dagli uomini divoratori di doni ovunque rendano giustizia con storti giudizi..."
Un verso di tale incisività, tratto dagli "Erga" esiodei, sintetizza in modo esemplare il concetto, le caratteristiche, nonché i limiti pratici di una giustizia (Dike appunto) da sempre vittima, in musica come in ogni altro campo dello scibile, di modifiche arbitrarie e comode riletture, nate ora dalla pretesa di inscrivere le genuine espressioni dell'interiorità umana in tabelle numeriche di valenza oggettiva, ora dall'opposta esasperazione di preferenze personali al cui languido incantesimo nessuno può dirsi completamente immune. Tra i possibili candidati per l'approfondimento di un tema così spinoso in sede di arte progressiva, la scena scandinava si offre quale ottimo laboratorio di analisi e i Sinkadus specialmente si presentano in veste d'interessante esempio da osservare, grazie a proprietà ambigue ed intriganti che proiettano senza alcun indugio negli ingannevoli scenari del tardo revival svedese.
A dire la verità tutta l'esperienza nordica sta soffrendo un aspro ridimensionamento, dovuto ad una visione ipercritica che pretende di forzare l'eclettismo di Änglagård e Anekdoten in un continuum con i patriarchi della sperimentazione classica, fraintendendo appieno il ruolo di figure inaccostabili tanto ad inventori del calibro di Christian Vander o Frank Zappa, quanto a fondatori di scuole di pensiero quali Sua Maestà Robert Fripp o Peter Hammill, giacché personaggi come Tord Lindman e Nicklas Berg vedono radicata la loro incontestabile importanza storica nell'aver estratto nuova linfa vitale da realtà ritenute morte da tempo, riformulando in chiave gotica le leggende narrate dagli aedi del rock sinfonico o portando alle estreme conseguenze gli incubi rossi della Corte Cremisi, entrambi raggiungendo incredibili vertici di personalità al secondo tentativo.
Qui però va tracciata una linea di confine poiché la ripresa di esplorazioni feconde, inaugurata da "Hybris" e "Vemod", poi felicemente ampliata da numerosi episodi, tra cui spicca "Ignis Fatuus" dei norvegesi White Willow, non può essere accettata in blocco e sarebbe perciò saggio contenersi durante l'ascolto dei Sinkadus e guardarsi dal celebrare i ritmi inconcepibili della batteria di Mats Segerdahl, la quale, facendo eco agli anatemi scagliati dal truce basso di Rickard Biström ("Jag, Änglamarks Bane") e alle ieratiche processioni dell'hammond di Fredrik Karlsson ("Positivhalaren"), apre varchi dimensionali direttamente collegati al perenne imbrunire dei boschi di "Epilog".
Analogamente andrebbero poste nella giusta ottica, sebbene a malincuore, le occulte conversazioni fra la chitarra di Robert Sjöback e il flauto incantato di Linda Ågren ("Valkyria"), instancabile menestrello in viaggio attraverso i moti di città in rivolta ("Kakafonia") e gli stranianti silenzi di notti di luna piena, spezzati dalle litanie del violoncello di Lena Pettersson e dalla voce di un bassista colpevole di rivelare, nei momenti di concitazione, tutti quei limiti non condivisi dal proprio strumento ("Ulv I Farakläder"). Tali sono gli aspetti che fanno di questo "Cirkus", registrato nel 1998, e del suo predecessore "Aurum Nostrum", nato due anni prima, gli esponenti di un manierismo da teatro ellenistico, impeccabile e piacevolissimo, ma altresì incapace di osare una qualunque modifica alle teorie precedentemente ipotizzate, applicate e corrette nell'irraggiungibile Dimora degli Angeli.
Benché sia lecito imporre ad una valutazione di mantenere le distanze da facili unilateralismi, senza atrofizzarsi in caute quanto inefficaci posizioni intermedie, è forse un'utopia pretendere l'integrale correzione di quegli "storti giudizi", da un lato responsabili di denunciare la natura fallace della percezione umana, ma dall'altro adatti a trasmettere un'enfasi e una spontaneità imprescindibili per la piena fruizione di qualsiasi prodotto artistico. Alla luce dei fatti l'unico consiglio davvero valido risiede nel far tesoro degli ammonimenti che Esiodo rivolse al fratello Perse, dicendo: "Bada alla misura; l'opportuno è sopra ogni cosa ottimo", magari cercando conferma nei fugaci equilibri della bilancia di Dike.
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