Non so quale aria tirasse nel '78 del secolo scorso in Inghilterra, ma di sicuro era un'arietta abbastanza pesante. Tra sferragliamenti, grida, sincopi e stridii questo disco, esordio dei Siouxsie and The Banshees, disegna un quadro di alienazione e disadattamento da lasciare un bel po' incupiti dopo l'ascolto. Diciamolo subito: non è un disco facile, né leggero. E qualcuno potrebbe dire che non è nemmeno bello, ma chi può dire come sarà un fiume alla foce guardandolo alla sorgente? Il suono paga pegno alpunk , ma inserendo elementi tenebrosi, con melodie ossessive, quadrate, marziali. Anche gli abiti si fanno scuri, la pelle nera avvolge i corpi e le calze si lacerano: benvenuti nel dark-punk!
Le danze si aprono con "Pure": dal lamento del basso una chitarra languida introduce l'atmosfera depressa che le urla di Siouxsie Sioux sublimano in alienazione. Avete freddo? Non c'è tempo perché dal giro di basso emerge una chitarra sferragliante, tutto cresce, entra la batteria e via poi nella cavalcata di "Jigsaw Feeling", pezzo che è un po' la summa di quanto avverrà nel prosieguo del disco. L'eleganza epica di "Overground" con quei pochi accordi di chitarra (uno dei pezzi migliori, perché diverso da tutto il resto), lascia spazio a "Carcass" che ricorda parecchio nella sua intro "Viciuos" di Lou Reed, ma poi è un classico punk con ritornello da cantare a squarciagola (ehm, vi ci vedo a cantare "Be a carcass - Be a dead pork/Be limblessy in love"). C'è spazio poi per la cover di "Helter Skelter" dei Beatles (dal "White Album") resa molto più furiosa, sia nel cantato che nei suoni, per la serie "pogata assicurata". Segue un trittico di alienazione con "Metal Postcard", "Nicotine Stain" e "Suburban Relapse", tutte basate sulla forma ossessiva delle melodie (invero molto povere): chiaro esempio dei limiti compositivi del gruppo. Il disco si chiude con uno dei suoi momenti migliori: introdotti da un arpeggio che a poco a poco avvolge entriamo in "Switch", una riflessione sullo stato delle cose accompagnati dalla melodia del sassofono.
I meriti di questo disco stanno non tanto nelle sue qualità musicali, quanto nell'essere seminale: effettivamente ha contribuito a tracciare la rotta del dark-punk, soprattutto iconograficamente.
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